Un evento, organizzato dalla Rete EducAzioni, che vuole agevolare il confronto e il dialogo circa lo strumento dei Patti Educativi, chiave importante per il successo formativo e la costruzione dell’autonomia personale dei bambini e delle bambine, e per garantire un percorso di istruzione di qualità. I patti educativi di comunità riconoscono e sostengono la funzione costituzionale della scuola e gli obiettivi del sistema pubblico di istruzione.
Stipulare patti, coinvolgendo soggetti diversi, agevola percorsi di rigenerazione sociale, culturale, ambientale e urbana, e diviene primo tassello irrinunciabile nel percorso di prevenzione ai fenomeni di disagio, subalternità, deprivazione, arricchendo il percorso educativo per garantire la piena attuazione dei diritti, lo sviluppo delle capacità dei bambini, delle bambine, degli adolescenti e delle adolescenti e la crescita delle competenze di cittadinanza di tutte e di tutti.
L’evento coinvolge Istituzioni, Forze politiche, Sindacati, Dirigenti Scolastici ed Enti del Terzo Settore per una collaborazione proficua che rifletta sulle tante e diverse esperienze di Patti educativi realizzati in questi anni, sulle direzioni e i metodi per realizzare interventi sinergici nelle scuole e nei territori, nonché alleanze educative forti e coese, capaci di attivare tutta la comunità educante, valorizzando le risorse e arginando fenomeni del nostro Paese legati alla dispersione scolastica e alla povertà educativa.
ISCRIZIONE ALL’EVENTO Per partecipare, date le dimensioni dell’Aula, è obbligatorio iscriversi tramite il modulo di registrazione, che sarà attivo fino ad esaurimento posti. Per qualsiasi informazione è possibile contattare l’indirizzo: reteeducazioni@gmail.com.
Salute e sviluppo dei bambini sono soprattutto nelle mani e nella testa dei loro genitori. Ma è compito della società mettere questi nella condizione di svolgere al meglio il loro ruolo intervenendo precocemente, ben prima della nascita del bambino e in anticipo rispetto all’emergere di eventuali problemi. È quindi necessario e urgente investire, molto più di quanto si faccia attualmente, sui primissimi – e così importanti – periodi della vita.
I bambini hanno tutto il diritto di essere rimessi “in testa” non solo alle preoccupazioni dei loro genitori, ma anche alle priorità di una società che si voglia bene e guardi avanti.
Nella prima parte il volume presenta una sintesi, di taglio divulgativo, delle conoscenze sullo sviluppo del bambino nei primi anni di vita e sui fattori che lo determinano.
Nella seconda parte propone un’articolazione di interventi – un “sistema 0-6” che deve trovare interpreti sia a livello del governo centrale che, soprattutto, dei governi locali – che vede il coinvolgimento di più settori (della salute, dell’educazione, delle politiche e degli interventi sociali, della cultura, per citare i più importanti), per far sì che tutte le famiglie possano disporre delle risorse materiali e personali per dare a tutte le bambine e a tutti i bambini le migliori opportunità per partire bene nella vita.
Giorgio Tamburlini
Pediatra, è stato Direttore Scientifico dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste. Oltre al lavoro clinico, ha svolto attività di ricerca, insegnamento e consulenza. Ha lavorato per ONG, centri di ricerca e agenzie internazionali, occupandosi in particolare di linee-guida per l’assistenza pediatrica nei Paesi in via di sviluppo, dei servizi sanitari per madri e bambini e dei programmi di sostegno allo sviluppo nei primi anni (Early Child Development). Presidente del Centro per la Salute del Bambino, è cofondatore di Nati per leggere e ideatore del programma Un villaggio per crescere.
L’Italia è uno dei paesi al mondo in cui l’inverno demografico è più accentuato. Se gli attuali trend non verranno invertiti, inevitabilmente si andrà incontro a criticità irrimediabili. Quello che distingue il nostro dagli altri paesi avanzati con natalità più elevata non è un minor numero di figli desiderati, ma politiche meno efficienti a favore delle famiglie e delle nuove generazioni. Il saggio Crisi demografica di Alessandro Rosina – forse la più aggiornata, organica e propositiva disamina del tema – delinea uno scenario italiano reso ancora più drammatico dagli effetti della pandemia, che ha causato un’ulteriore flessione delle nascite. Oggi ci troviamo di fronte a un bivio ineludibile: da un lato c’è il sentiero stretto e in salita che porta alla nuova fase di sviluppo economico e sociale resa possibile dai fondi europei (non a caso denominati Next Generation Eu) e dall’altro, se questa occasione unica non verrà colta, l’ampia strada verso un declino irreversibile e insostenibile. La scelta richiede grande chiarezza di intenti e ancor più grande determinazione nell’imboccare il percorso verso il futuro. Rosina mostra la fattibilità di questa prospettiva delineando concrete politiche sistemiche – dai servizi per l’infanzia all’assegno unico e universale per i figli, fino a incisive riforme del mondo del lavoro – per consentire alle nuove generazioni di sentirsi davvero protagoniste in un paese che cresce con loro.
Alessandro Rosina è professore ordinario di Demografia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dirige il «Center for Applied Statistics in Business and Economics». È tra i fondatori della rivista online «Neodemos» e coordinatore scientifico della principale indagine italiana sulle nuove generazioni, il «Rapporto giovani» dell’Istituto G. Toniolo. Con Vita e Pensiero ha pubblicato Un decalogo per i genitori italiani. Crescere capitani coraggiosi (2009, con E. Ruspini), NEET. Giovani che non studiano e non lavorano (2015), Il futuro non invecchia (2018).
Il mese di settembre è finito, assieme alla scuola in
presenza è ripartito il Paese e Governo e Parlamento sono impegnati a
realizzare le riforme richieste dal PNRR. Su alcune partite importanti che
riguardano milioni di famiglie, però, i lavori sembrano aver subito uno stop e
si avverte il rischio di una nuova frammentazione delle misure a sostegno
della genitorialità e della crescita di bambini e bambine.
Alleanza per l’Infanzia in più occasioni ha chiesto
un’interlocuzione con il Governo e ha proposto linee guida e documenti per
sostenere una visione strategica, coerente e integrata degli strumenti
legislativi e delle risorse economiche da impiegare per investire nell’infanzia
e adolescenza e a sostegno di genitori e famiglie: politiche di conciliazione, lavoro agile, congedi,
sviluppo dei servizi educativi, tempo pieno, assegno unico universale e tutti
gli interventi previsti dal disegno
di legge sulle politiche per le famiglie, presentato dalla Ministra Bonetti (Family Act) ed evocato anche nel PNRR. Ora però la sensazione è che
le singole misure non solo procedano in ordine sparso, senza che ancora sia
formalizzato il disegno, ma anche con difficoltà e ritardi.
In particolare, preoccupa il ritardo dell’esecutivo sui
decreti attuativi del cosiddetto “Assegno unico universale”, misura
importante e attesa che va a riordinare, semplificare, rafforzare ed estendere
le precedenti frammentate misure a sostegno dei figli a carico, ponendosi
esplicitamente gli obiettivi di sostegno alla genitorialità e di promozione
della natalità e dell’occupazione, soprattutto femminile.
Il Governo ha ricevuto la delega a istituire l’assegno unico
e universale il 1° aprile. Per poter introdurre a regime, come previsto, l’AUU dal
primo gennaio 2022, i competenti Ministeri della famiglia, lavoro e
politiche sociali, economia e finanze dovrebbero aver già predisposto i decreti
attuativi, che, tenendo conto dei criteri stabiliti dal Parlamento nella legge
delega, hanno il compito di mettere a terra questo importante beneficio
economico per le famiglie. Siamo invece a tre mesi dalla fine dell’anno
e nulla ancora si sa su come concretamente funzionerà l’assegno, se vi avranno
accesso tutti, quale sarà l’importo minimo, quanto inciderà la parte variabile
sulle diverse famiglie.
Se l’assegno temporaneo introdotto per il secondo semestre
2021 è un buon indizio degli orientamenti prevalenti a livello governativo, c’è
da essere fortemente preoccupati date le criticità che già sono state
evidenziate su tale strumento nel corso delle audizioni parlamentari di diverse
entità appartenenti ad Alleanza. L’assegno temporaneo, infatti, ha sì
allargato la platea dei beneficiari a categorie prima escluse (autonomi e
incapienti senza assegno al nucleo familiare), ma ha molto ridotto il suo
carattere universale, stante che la forte progressività, a finanziamento
dato, è andata a scapito della significatività dell’assegno per un’ampia parte
del ceto medio, indebolendone il ruolo di sostegno alla genitorialità e alle
scelte positive di fecondità.
Pur condividendo l’esigenza di sostenere di più le famiglie
e i minorenni in condizione di difficoltà economica, Alleanza per l’Infanzia
ritiene che, per evitare che questa preoccupazione stravolga gli obiettivi
originari dell’istituto, occorra, da un lato, accompagnare la progressività con un
rafforzamento della parte fissa (l’importo minimo che rende l’assegno
effettivamente universale, come ad esempio nella proposta fatta da Alleanza
assieme ad Arel e a Fondazione
Gorrieri), dall’altro prevedere e
finanziare eventualmente una norma di salvaguardia che protegga da perdite
nel processo di transizione le famiglie di lavoratori dipendenti a basso
reddito.
Ritiene,
inoltre, di fondamentale importanza che le norme che verranno siano coerenti
con la normativa comunitaria in ordine alla non discriminazione dicittadini stranieri.
In
ogni caso, Alleanza per l’Infanzia si rammarica che decisioni così cruciali per
la fisionomia che prenderà concretamente l’AUU avvengano in ritardo, senza
consentire un confronto tra le diverse opzioni. È disponibile perciò a
portare in tutte le sedi utili il contributo di idee, competenza e esperienza
delle tante organizzazioni, ricercatori e ricercatrici che la compongono.
Il Governo ed il
Ministro dell’Istruzione sanno bene che siamo il Paese con le chiusure più
lunghe d’Europa e devono evitare che questa situazione si prolunghi ancora il
prossimo anno scolastico. Gli effetti di questa politica sono stati
drammaticamente testimoniati anche dai risultati dei test Invalsi. Eppure,
a metà luglio nulla ancora è stato approntato per garantire che tutte le scuole
italiane in ogni grado scolastico, incluse le secondarie di II grado, possano
riaprire in presenza con tutte le necessarie garanzie di sicurezza per la
salute e le possibilità di apprendimento di bambine/i e adolescenti. Al punto
che, nonostante lo stesso CTS ne abbia denunciato l’effetto negativo non solo
sugli apprendimenti, ma anche sul benessere psicologico, non viene esclusa la
possibilità di un ritorno alla DaD.
È
molto grave che, dopo un anno e mezzo di pandemia e due anni scolastici
affrontati in modo emergenziale, siamo ancora al punto di partenza.
Bar, ristoranti, piscine, discoteche, turismo sono certo importanti, ma la scuola è indispensabile al Paese. Non è accettabile che in un paese civile, tra i più ricchi al mondo, la preoccupazione prevalente, se la salute pubblica è a rischio, siano le compatibilità con le attività commerciali, non anche e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni. Non è solo questione di DaD. Con la didattica a distanza le scuole hanno fatto il massimo per dare continuità alle attività formative, ma la difficile situazione che si è determinata è solo la spia della trascuratezza con cui è stata considerata la scuola negli ultimi decenni, in contrasto con la sua funzione di riduzione delle disuguaglianze sociali nelle possibilità di apprendimento e di sviluppo delle capacità.
Un
Paese benestante e ignorante è destinato al declino. La pandemia ha solo peggiorato
una situazione già compromessa. Oggi non abbiamo più margini di resilienza. Le
perdite di apprendimento e socialità hanno toccato tutti, ma la DaD ha
amplificato le disuguaglianze: nella disponibilità di dispositivi, nella adeguatezza
delle abitazioni, nelle capacità di sostegno da parte dei genitori, nella
qualità e disponibilità di relazioni. Ha anche troppo spesso riprodotto tutti i
vizi della didattica trasmissiva. Ripercorrere i passi già compiuti sarebbe
oggi irresponsabile, per chi ha il dovere di ridare un futuro a questo paese.
Non possiamo solo
sperare, per altro vanamente, che i dati del contagio non crescano. È responsabilità
della politica AGIRE oggi sapendo che a settembre saremo in mezzo ad una
nuova ondata e garantire da subito le condizioni per la scuola in
presenza. Vaccinare è necessario, ma non è sufficiente, tantomeno la panacea
per tutti i problemi che vanno affrontati per garantire la scuola in presenza.
La scuola in presenza è l’Opzione zero
Non
ci sono alternative efficaci alla scuola in presenza.
Questa deve essere sempre la prima opzione ed è necessario un impegno
categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla, evitando
nuovamente il facile ricorso ad alternative inadeguate.
Un’agenda per uscirne tutte e tutti insieme
Da tutto ciò che non
è stato fatto si ricava un’agenda puntuale di impegni, azioni ed opportunità:
NON è stato
affrontato in modo sistemico il problema dei trasporti.
NON si è pianificato
il rapporto con le ASL, per il tracciamento.
NON si sono cercati
gli spazi, pubblici e privati, per moltiplicare le aule e mettere in sicurezza
i ragazzi ed il personale.
NON si è ridotto il
numero di alunni per classe.
NON si è adeguato
l’organico.
NON
si è fatto alcun passo avanti per contrastare le disuguaglianze nelle
possibilità di fruire efficacemente della DaD, derivanti da condizioni
socio-economiche familiari o da condizioni di disabilità.
Il Ministro
dell’Istruzione e il governo devono mettere in atto tutti i processi necessari
per garantire a partire da settembre e per tutto l’anno scolastico una scuola
in presenza di qualità e sicura, che consenta a
tutte le studentesse e gli studenti le opportunità di apprendimento e crescita
che spettano loro di diritto.
Restano
50 giorni che ci separano dal nuovo anno scolastico. Ci sono 8 settimane, ogni
settimana un passo avanti: SI PUO’ FARE! Le risorse finanziarie, professionali
e culturali ci sarebbero, solo se si decidesse di dare davvero priorità alla
scuola e alle giovani generazioni. Il Ministro ha assicurato il suo impegno in
questa direzione. Noi ci impegniamo a un monitoraggio puntuale.
Vanno istituiti
subito, in ogni territorio, Patti territoriali di governance in
cui le scuole, le altre istituzioni, il terzo settore, il privato disponibile,
esplorino tutte le opportunità fornite dal territorio e delineino i piani per
garantire l’apprendimento in presenza, tenendo in considerazione tutti i
diversi scenari di evoluzione del quadro sanitario.
Va accelerata e completata
la campagna vaccinale, per gli insegnanti e gli
studenti che ne hanno l’età, secondo le recenti indicazioni del CTS.
Vanno evitate deroghe alla scuola in
presenza decise su base locale disattendendo le indicazioni nazionali.
Va data attuazione
alle misure contenute nel Patto per la scuola al centro del Paese,
siglato tra governo e organizzazioni sindacali per superare le difficoltà
endemiche del sistema scolastico.
Infine, va avviata subito unariflessione sistematica sulla scuola, il suo funzionamento, i suoi obiettivi, le sue strutture e un immediato potenziamento dell’offerta educativa di qualità, scolastica ed extra-scolastica, soprattutto nelle aree territoriali oggi più deprivate e in generale nei contesti dove si sono riscontrate maggiori sofferenze sul piano sia degli apprendimenti sia socio-emotivo e relazionale.