Coronavirus, l’impatto maggiore è sui giovani. Parla il prof Rosina (Cattolica)

Intervista di Francesco Gnagni per Formiche.net

“L’impatto più diretto dell’epidemia è concentrato soprattutto sulle generazioni più anziane. Però le conseguenze indirette, con maggior impatto sul futuro del Paese, rischiano di ricadere soprattutto sulle nuove generazioni”. Conversazione di Formiche.net con il demografo Alessandro Rosina, docente l’Università Cattolica di Milano e autore del libro “Il futuro non invecchia”

Se è vero che il contagio dovuto al Coronavirus colpisce in gran parte le generazioni più anziane, tuttavia non senza eccezioni, è altrettanto vero che le generazioni più giovani non possono stare per niente tranquille. Le ricadute di tipo economico e sociale rischiano infatti di farsi sentire anche, e forse soprattutto, sui più giovani. Di questo Formiche.net ne ha parlato con il prof. Alessandro Rosina, docente di Demografia presso l’Università Cattolica di Milano e autore del libro “Il futuro non invecchia” (Vita e Pensiero, 2018).

Professore, in questi terribili giorni vediamo scorrere sui nostri schermi e monitor i numeri, tragici, dei decessi dovuti al coronavirus. Con un senso drammatico di impotenza. Come influisce, tutto questo, sulla nostra situazione demografica, già non priva di problemi e difficoltà?

La pandemia di Covid-19 sta colpendo in modo particolarmente accentuato il nostro Paese. Uno dei motivi è anche l’elevata presenza di anziani e cosiddetti “grandi anziani” (gli over 80), particolarmente fragili per condizioni fisiche e presenza spesso di altre patologie. Gli over 80 in Italia sono oltre 4 milioni e 300 mila, un dato quasi equivalente a tutta la popolazione dell’Irlanda. In alcune regioni, in particolare la Lombardia, il numero giornaliero di decessi è arrivato a raddoppiare quelli osservati negli anni scorsi, in periodo di “normalità”. Ci sono state epidemie molto più gravi nel passato, ma per le società moderne avanzate l’impatto di questa crisi sanitaria è del tutto inedito. Questo fa capire che non bisogna mai abbassare la guardia rispetto a questi rischi.

In questo momento vediamo che il timone delle discussioni non sta più in mano a opinionisti e politici, ma ai medici. Trova che questo stia portando in una crescita di fiducia, da parte degli italiani, nella scienza?

Veniamo da anni in cui sembrava che la vaccinazione fosse un optional, che le competenze non fossero più necessarie, che i dati scientifici potessero essere sostituiti dal senso comune veicolato dai social. Ora, in questa emergenza, con i timori che suscita e le misure drastiche prese, i dati e gli esperti sono tornati al centro dell’attenzione. Penso che questo sia positivo ed è importante che si consolidi questa fiducia anche dopo questa crisi. Molte cose che abbiamo dato per scontate non potranno più esserlo in futuro. Si dovrà in ogni caso, anche a livello collettivo, investire di più sull’innovazione, su ricerca e sviluppo, ma anche sulla solidità del sistema di welfare.

La maggior parte dei decessi ha un’età molto avanzata. Tuttavia, il clima che si sta generando, e le condizioni in cui si è portati a vivere ora, e inevitabilmente anche nei prossimi mesi, rischiano di influire anche sulla natalità?

L’impatto più diretto dell’epidemia è quello sulla mortalità ed è concentrato soprattutto sulle generazioni più anziane. Le conseguenze però indirette, con maggior impatto sul futuro del paese, rischiano di ricadere invece soprattutto sulle nuove generazioni, soprattutto indebolendo i percorsi formativi e professionali. La natalità italiana era già tra le peggiori in Europa e in continua diminuzione, anche a causa delle difficoltà oggettive delle nuove generazioni e l’incertezza verso il futuro. Va tenuto presente che già prima di questa crisi eravamo il paese con record di Neet in Europa (gli under 35 che non studiano e non lavorano) e con più tardiva età alla nascita del primo figlio. Il rischio è quindi che le scelte di chi progettava l’uscita dalla casa dei genitori, di formazione di una propria famiglia, di avere un figlio, vengano ulteriormente posticipate e riviste al ribasso.

In Gran Bretagna una delle prime risposte è stata quella di obbligare all’isolamento soltanto gli over 70. Bisogna pensare all’emergenza anche in termini intergenerazionali?

Bisogna considerare sia le specifiche fragilità e potenzialità delle diverse generazioni e delle diverse età della vita. Ma è illusorio e forse sbagliato pensare all’isolamento solo degli anziani, con la pretesa di continuare il resto della vita sociale ed economica come se niente fosse. C’è necessità di una consapevolezza e responsabilità collettiva, che deve vederci tutti uniti.

Quali sono i rischi maggiori che sorgeranno da questa emergenza, oltre a quello economico? Penso a quello educativo, con le scuole chiuse, ma non solo.

Il tema educativo è centrale. Se si improvvisa e non si adotta una strategia adeguata, accessibile a tutti, il rischio è quello di impoverire la formazione complessiva dei più giovani ma anche di inasprire le diseguaglianze sociali. In un comunicato congiunto, le associazioni Alleanza per l’infanzia e Investing in children hanno chiesto al governo l’importanza di rafforzare le azioni volte a sostenere le famiglie con problemi economici o che vivono in quei quartieri dove già la dispersione scolastica è a livelli altissimi.
In tali famiglie non mancano solo tablet e connessione wifi, ma anche supporto e competenze dei genitori per sostenere i figli nell’approccio della home education integrata con la fruizione della formazione a distanza.

Si dice che nelle epoche passate l’impatto delle epidemie era più devastante. Ma come si controlla oggi il contagio epidemico, in un mondo globale in cui tutto è connesso?

Il contagio si controlla, come per le ben più gravi epidemie del passato, soprattutto attraverso la riduzione dei contatti fisici. Oggi possiamo rimanere isolati ma continuare, in buona parte, ad essere in relazione con gli altri dal punto di vista sociale e lavorativo, grazie alle nuove tecnologie. Ma anche qui non si può improvvisare, che si tratti di formazione a distanza o smart working. Quello delle nuove tecnologie da sviluppare coniugando efficienza, sicurezza e valorizzazione della componente umana sarà un tema centrale nei prossimi anni.

La condizione di vita che avevamo raggiunto e che ci sembrava irreversibile, oggi si riscopre improvvisamente, e inevitabilmente, precaria e instabile?

Nulla è irreversibile. Siamo in cammino continuo nella costruzione di un mondo migliore, che ha alla base l’impegno di fornire alle nuove generazioni gli strumenti per capirlo e per agire da protagoniste. Non dobbiamo considerare gli obiettivi di benessere raggiunti come scontati, ma non dobbiamo nemmeno rinunciare all’ambizione di guardare oltre le difficoltà contingenti per capire in quale direzione costruire il futuro. Dopo la tempesta bisognerà ritrovare una solida rotta.


Leggi l’articolo su https://formiche.net/2020/03/coronaviru-giovani-rosina/

I diritti dei bambini al tempo del virus

(Un’ora d’aria per i bambini)

Commento
di CHIARA SARACENO

28/3/2020

Che cosa succede ai bambini in epoca di restrizioni a causa del Covid-19 è al centro delle preoccupazioni dei genitori, ma anche di tutte quelle associazioni che si occupano di loro e dei ragazzi più vulnerabili. A un mese ormai dall’inizio della serrata a ogni tipo di mobilità e incontro, le preoccupazioni si fanno più forti e la sensazione che i bambini siano dimenticati dai diversi decreti che si susseguono è diventata acuta e diffusa.

Non ci sono più solo le richieste di consigli su che cosa fare con i propri figli, ogni giorno, tutti i giorni. E neppure solo le lamentele per la didattica on line partita tardissimo, o mai partita, o fatta con buona volontà ma scarsa competenza da parte di molti insegnanti, per il sovraccarico di lavoro che seguire l’apprendimento dei figli impone a genitori che devono spesso barcamenarsi tra il proprio lavoro on line e la supervisione dell’attività dei figli. Il web si sta riempiendo di petizioni da parte di gruppi di genitori e di associazioni che chiedono una maggiore attenzione per i diritti e bisogni dei bambini e ragazzi in generale, e in particolare di quelli variamente svantaggiati e in difficoltà, come avevano già fatto, in un comunicato congiunto, le due maggiori reti di associazioni che si occupano di bambini e ragazzi, Alleanza per l’infanzia e Investing in children.

Ci sono genitori che chiedono che anche i bambini abbiano almeno lo stesso diritto di uscire dei cani, rispettando rigorosamente le norme di distanziamento sociale. Il diritto all’”ora d’aria” è oggetto di una richiesta di genitori di ragazzi con disabilità psichiche (autistici ma non solo), perché questi ragazzi cui è stata interrotta la routine quotidiana a volte diventano violenti. Questi genitori lamentano anche l’assenza di previsione di attività e sostegni specifici da parte della scuola, che, oltre a lasciare le famiglie totalmente isolate, rischia di innescare un processo irreversibile di peggioramento delle capacità dei ragazzi. Un’altra petizione, firmata da moltissime  associazioni che si occupano specificamente di bambini e ragazzi in difficoltà, richiede un intervento coordinato e sistematico, che coinvolga le scuole, il terzo settore, i servizi sociali comunali e, se del caso, il tribunale dei minori, per sostenere i bambini e ragazzi che anche in tempi normali soffrono di povertà educativa,  ma anche per non lasciare soli i bambini e ragazzi che si trovano in famiglie a rischio, con cui era stato avviato un lavoro di sostegno e monitoraggio per evitare, ove possibile, l’affidamento provvisorio ad altra famiglia. Sono casi che coinvolgono migliaia di bambini e ragazzi.

Operatori di terzo settore, singoli insegnanti, qualche servizio sociale pubblico, stanno facendo quello che possono con i mezzi che hanno e anche inventando strumenti e modalità nuove. Ma il tutto è affidato alle iniziative e generosità dei singoli, il cui lavoro è spesso misconosciuto (e mai nominato) e invisibile, anche se è l’unico argine contro l’isolamento e l’abbandono. E troppi bambini e ragazzi che avrebbero bisogno di aiuto, tanto più in questa situazione difficile, rimangono abbandonati a se stessi.

Nel decreto “Cura Italia” c’è poco o nulla. Sono stanziati fondi per l’acquisto di tablet, ma, come altre parti del decreto, quando e come ciò avverrà rimane indefinito. Si consente che gli operatori sociali continuino, se ce ne è la possibilità, a mantenere un servizio, ma senza che vi siano né indicazioni stringenti né risorse. Tutto è lasciato alle famiglie da un lato, alla disponibilità degli operatori sociali dall’altro, senza sostegni né finanziari né di altro tipo, e senza neppure molta valorizzazione.
Perché il problema non è visto e i bambini e ragazzi più vulnerabili sono invisibili. Ancora più oggi, “sequestrati in casa”.

LEGGI L’ARTICOLO SU REP:

https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/03/28/news/un_ora_d_aria_per_i_bambini-252589917/?ref=RHPPTP-BH-I252597018-C12-P1-S3.4-T1


Sul tema delle richieste/petizioni sull’ora d’aria da garantire ai bambini, segnaliamo anche l’approfondimento, sempre su REP: del 28 marzo 2020

“Per i bambini un’ora d’aria al giorno”. L’appello ai sindaci di educatori e famiglie

Centinaia di genitori chiedono il diritto di “passeggiata” per i figli. “Il Governo ha pensato ai cani ma non ai bambini”.

Famiglie diseguali, anche di fronte al virus

di Stefania Sabatinelli

WELFORUM.IT | 24 Marzo 2020

https://welforum.it/il-punto/tempi-di-precarieta/famiglie-diseguali-anche-di-fronte-al-virus/

Conciliare famiglia-lavoro nell’emergenza

L’emergenza Covid-19 ha mutato rapidamente e profondamente consolidate abitudini e prassi organizzative delle famiglie italiane. L’equilibrio tra responsabilità lavorative e famigliari, già fragile nel nostro paese in condizioni ordinarie, è stato messo a dura prova prima dalla chiusura delle scuole, poi dal rapido passaggio al telelavoro di moltissimi lavoratori e lavoratrici. La progressiva chiusura delle attività considerate non essenziali ha, inoltre, gradualmente ridisegnato una ulteriore faglia di diseguaglianza tra genitori che sono temporaneamente esentati dal lavoro, genitori che si trovano a dover lavorare da casa, in presenza dei figli, e genitori costretti a continuare la propria attività lavorativa fuori casa, peraltro in molti casi correndo elevati rischi di contagio per sé e per i propri famigliari. Ciò mentre le scuole continuano necessariamente ad essere chiuse e molte delle rodate modalità di work-life balance sono saltate, in primis quella – prevalente nel nostro paese – che fa affidamento sul contributo pivotale dei nonni, a causa delle essenziali norme di distanziamento sociale e della necessità di proteggere con ancora maggiore attenzione gli anziani.

Il decreto Cura Italia va incontro alle stravolte esigenze di conciliazione famiglia-lavoro in due modi: attraverso l’istituto di un congedo straordinario di massimo 15 giorni e attraverso l’introduzione di un voucher baby-sitting.

Il congedo straordinario è riservato a chi ha figli entro i 16 anni di età e il pacchetto di 15 giorni (per il periodo 5 marzo-3 aprile) può essere preso da uno dei due genitori oppure questi possono suddividerlo, ma non possono utilizzarlo insieme. Solo per i genitori con figli entro i 12 anni d’età è prevista un’indennità pari al 50% della retribuzione (dunque superiore a quella del congedo parentale, ma inferiore a quella del congedo di maternità e a quella del congedo di paternità), con contribuzione figurativa. I limiti di età non rilevano nel caso di figli disabili, purché iscritti a scuola o ospiti in centri diurni assistenziali. Il congedo straordinario non può essere richiesto se l’altro genitore è disoccupato o non lavoratore o riceve misure di sostegno al reddito, nè se in alternativa è stato richiesto il bonus per i servizi di baby-sitting. Il congedo è, invece, cumulabile con quello previsto dalla legge 104 (cui il decreto aggiunge 12 giornate complessivi da utilizzarsi nei mesi marzo e aprile, consecutivamente o anche in modo frazionato, anche su base oraria). Ai dipendenti del settore privato che al 5 marzo erano già in congedo parentale “ordinario”, il congedo sarà automaticamente convertito in straordinario. Chi invece non lo era può presentare domanda al proprio datore di lavoro e all’INPS, che entro fine marzo renderà disponibile le procedure telematiche, con la possibilità di presentare domanda retroattiva. I dipendenti pubblici dovranno invece rivolgersi alla propria amministrazione. Possono richiedere il congedo straordinario anche quei genitori che avevano esaurito il diritto al congedo parentale “ordinario”. Anche gli iscritti alla gestione separata Inps hanno diritto al congedo (con indennità pari al 50% di 1/365esimo del reddito utilizzato come base di calcolo per l’indennità di maternità), senza minimi contributivi.

Il voucher baby-sitting potrà essere fruito, solo in alternativa al congedo straordinario, da parte dei genitori di figli entro i 12 anni d’età o, se con handicap gravi, senza limiti di età. Il voucher è pari a 600 euro, elevato a 1000 euro per il personale sanitario, della sicurezza o del soccorso pubblico. Si potrà accedere al voucher solo attraverso al libretto di famiglia da attivarsi sul sito dell’INPS (sezione prestazioni occasionali). Una piattaforma, dove anche i/le baby sitter devono registrarsi per poter essere pagati, che si era già dimostrata di non facile utilizzo da parte sia delle famiglie sia dei lavoratori e delle lavoratrici della cura. La modulistica ufficiale per la presentazione della domanda sarà messa a disposizione dall’INPS entro la prima settimana di aprile.

Restare a casa. Didattica online e disuguaglianze sociali

Sui chiaro-scuri della didattica online già molto è stato detto. L’adozione di – variegate – modalità a distanza per le attività didattiche ha disvelato ampi gradi di differenziazione, come era facile aspettarsi, tra i livelli scolastici, tra gli ambiti territoriali, come pure tra le singole scuole e tra i singoli insegnanti.

Questo fronte di disparità sul lato dell’offerta si intreccia, strettamente e dando luogo a risultati ancor più diversificati, alle ampie di faglie di disuguaglianza che caratterizzano le famiglie. Anche i rischi che apparentemente toccano tutti allo stesso modo, infatti, trovano individui e famiglie diseguali in termini di capacità di autoprotezione e di risorse su cui far leva, tanto nell’immediato quanto nel medio periodo. Innanzitutto, è quasi banale dirlo, non tutti i bambini possono contare su una dotazione informatica adeguata (numero e qualità dei device, qualità dell’accesso alla rete) per poter agevolmente fruire della didattica online. Contano poi le capacità informatiche con cui gli adulti possono aiutare i più piccoli. Questi elementi di digital divide sono ora divenuti improvvisamente più evidenti, ma certo non sono nuovi. Come ricordano Gavosta e Molina su Lavoce.info, nel 2018 oltre un quarto delle famiglie italiane non disponeva di banda larga a casa, con rilevanti differenze territoriali e, soprattutto, di classe, anche se il 95% delle famiglie con minori ha accesso alla banda larga, fissa o mobile. Tali gap vanno ad aggiungersi, acuendoli, ad altri fronti di diseguaglianza da sempre presenti tra le famiglie. La dotazione di libri (tanto più quando i libri scolastici sono rimasti in molti casi a scuola), di giochi educativi, l’accesso ai contenuti culturali (film, documentari, …), come anche la capacità e la propensione degli adulti di riferimento a seguire i più giovani nelle tante e diverse materie con cui quotidianamente si confrontano non sono certo ugualmente distribuiti tra le famiglie. Queste esigenze si sommano a quelle relative alla conciliazione famiglia-lavoro viste sopra. Come gestire nelle stesse ore, negli stessi spazi, con gli stessi device (e insistendo sulla stessa rete), le incombenze lavorative – magari di entrambi i genitori o dell’unico genitore presente – e gli impegni scolastici dei più giovani, magari di età diverse?

In queste condizioni, il prezzo più alto è senz’altro pagato dai profili famigliari e individuali più fragili. Bambini e ragazzi che crescono in famiglie in condizioni di povertà assoluta, che a scuola trovano non solo istruzione e socialità, ma anche un pasto sano, aule riscaldate, condizioni igieniche adeguate, e quelle seppur limitate attività sportive, culturali e ricreative, cui i loro pari di altra estrazione sociale possono dedicarsi per svariate ore settimanali a pagamento. Bambini e ragazzi con disabilità o con bisogni educativi speciali, che a scuola trovano le risorse di sostegno educativo, per quanto mai sufficienti e spesso falcidiate dai tagli alle risorse a questo dedicate. Bambini e ragazzi con background migratorio, che a scuola imparano la lingua del loro nuovo paese, che è indispensabile vettore di integrazione e cittadinanza per loro e spesso anche per i loro famigliari.

È facile prevedere che questi bambini e ragazzi saranno anche quelli che, una volta superata la fase più acuta dell’emergenza, patiranno le più gravi conseguenze a lungo termine. Se per tutti gli studenti i periodi di distacco dalla frequenza scolastica, come le vacanze estive, influiscono sull’apprendimento in relazione alla loro durata, questo è ancora più vero per quegli alunni e studenti per i quali già in condizioni ordinarie l’apprendimento è più faticoso. E può incidere anche sull’attaccamento alla scuola, specie per quei bambini e ragazzi che faticano a frequentare con continuità, costantemente a rischio di dispersione o abbandono scolastico, oppure già faticosamente recuperati alla scuola tramite interventi di seconda opportunità. Interi programmi in questo campo subiscono oggi necessariamente stravolgimenti e ritardi. Educatrici ed educatori attualmente impegnati a inventarsi modalità alternative affinchè i percorsi già consolidati o appena impostati non si disperdano non possono non chiedersi “come ritroveremo i nostri ragazzi?”. Questi bambini e ragazzi hanno anche maggiori probabilità di soffrire maggiormente, insieme alle loro famiglie, delle ripercussioni economiche di questa pandemia, delle sue ricadute occupazionali e reddituali oltre il breve termine.

Un forte appello ad agire a sostegno di tutti i bambini, e in particolare di quelli più svantaggiati, è venuto dall’Alleanza per l’Infanzia e dalla rete Investing in Children, che chiedono alle istituzioni di pensare al loro presente, per esempio distribuendo capillarmente tablet economici e portando la rete alle famiglie che ne sono sprovviste, e anche sin d’ora al loro futuro prossimo. L’Alleanza per l’Infanzia pubblica anche l’intervento di Jack P. Shonkoff del Center on the Developing Child, che sottolinea come sia imperativo trovare modi per realizzare il distanziamento sociale, necessario per contenere il contagio, e al tempo stesso promuovere le interazioni sociali e le relazioni d’aiuto, indispensabili per la resilienza individuale e sociale. Distanziamento e interazione, isolamento e relazione: contraddizioni in termini che richiedono oggi e richiederanno domani tutte le nostre energie e tutta la nostra inventiva per essere trattate.

I molti fronti di criticità nell’isolamento forzato

Dunque, come recita uno striscione fotografato nei giorni scorsi in Perù “la romanticizzazione della quarantena è un privilegio di classe”. Il modo in cui attraversiamo questo periodo eccezionale e il modo in cui ne usciremo non è e non sarà uguale per tutti.

Al di là degli appelli a godere del tempo liberato e della vicinanza ritrovata è, dunque, fondamentale non dimenticare tutte quelle condizioni che nell’isolamento forzato rischiano di peggiorare. Dalle situazioni di grave disabilità di fronte alle quali le famiglie, private del sostegno dei centri diurni, si trovano ancora più sole, alle condizioni di disabilità psichica e fragilità psicologica che perdono la regolarità dei percorsi terapeutici, alle situazioni di limitazione della libertà e di coabitazione forzata, alla condizione durissima di chi una casa non ce l’ha.

Non da ultimo, la convivenza forzata di questo periodo aggrava pesantemente il rischio di maltrattamenti in famiglia e riduce la possibilità per le donne vittime di violenza di chiedere aiuto e di allontanarsi dai famigliari maltrattanti. A questo proposito la rete dei centri antiviolenza segnala i centri rimasti attivi in Italia anche nell’emergenza Covid-19. Ricordiamo, inoltre, che rimane attivo il 1522, numero gratuito e attivo 24 ore su 24; si tratta di un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. È attiva anche una chat per comunicare con le operatrici riservatamente tramite messaggistica istantanea, poiché telefonare per chiedere aiuto diviene presumibilmente più difficile nelle condizioni attuali.

Il virus ci rende tutti eguali? Tutt’altro, a cominciare dai bambini!

di Giorgio Tamburlini

Pare utile condividere il messaggio che Jack P. Shonkoff ha molto opportunamente lanciato ieri.  Ma chi è Jack P. Shonkoff? Per i non addetti ai “lavori della prima infanzia” Jack è un pediatra dello sviluppo, e da tempo dirige, essendone stato l’ispiratore, il Center for Developing Child presso l’Università di Harvard, dove insegna. Molto di quello che sappiamo, e buona parte di quello che abbiamo iniziato a fare sotto l’ombrello concettuale dell’ECD (Early Child Development) lo ha visto come scopritore, iniziatore, propugnatore, oltre che docente e conferenziere. Insomma, è uno dei nostri massimi maestri.

Cosa ci dice, dunque, Jack Shonkoff? In sintesi, per chi non avesse la pazienza, e sufficienti conoscenze linguistiche, per leggersi tutto il suo messaggio, ci dice che non è affatto vero che il Coronavirus (come tante altre malattie peraltro, quasi tutte, sia pure in misura e con modalità diverse) non guarda in faccia nessuno e colpisce tutti in misura eguale. Certo, Alberto di Monaco, il negoziatore della Commissione, Il Ministro qui e il Presidente là, il noto artista e il famoso sportivo sono stati contagiati così come l’operaio e l’impiegata. E sappiamo che, per fortuna, i bambini ne sono parzialmente immuni e comunque poco vulnerabili. Ma sono le conseguenze sia immediate che a medio termine, che si distribuiscono in maniera drammaticamente diseguale.

Un bambino la cui famiglia non ha mezzi e risorse sta subendo e subirà più danni dalla perdita delle opportunità, non solo cognitive, offerte dalla scuola. Un bambino che a causa di qualche disabilità o disturbo dello sviluppo ha bisogno di sostegno aggiuntivo non può riceverlo che in parte. Per non parlare di quei bimbi che a causa di migrazioni recenti e forzate hanno perduto gran parte dei loro punti di riferimento, o di quanti si trovano in situazioni di grande fragilità e conflitto all’interno della loro stessa famiglia.  I gap sociali, psicologici, biologici, o combinati si aggraveranno tanto più questa situazione perdurerà.

Alleanza per l’Infanzia si è fatta sentire su questo punto con un comunicato di dieci giorni fa, che chiama tutti, governo nazionale  e amministrazioni locali, operatori dei servizi educativi e socio-sanitari, Enti del Terzo Settore, insomma tutti, ad impegnarsi, ciascuno per quanto sa e può fare, affinché l’epidemia non causi, oltre alle tante vittime dell’oggi, anche una perdita difficilmente reversibile di opportunità fondamentali per lo sviluppo, e di giorni e settimane in cui tutti i bambini  e tutte le bambine possano godere di ciò a cui hanno pieno diritto.  

Questo messaggio ne riprende e sviluppa il tema portante.    

Stress, Resilience, and the Role of Science: Responding to the Coronavirus Pandemic

by Jack P. Shonkoff, M.D.

Jack P. Shonkoff

The COVID-19 pandemic has the capacity to affect every person in the
world—and how each individual responds can potentially affect everyone
else. In addition to the efforts of courageous health care providers,
first responders, and a wide range of workers providing other vital
services, countless numbers of selfless individuals are leaping into
action to meet the rapidly changing needs of people most affected by the
economic, social, and health impacts of this crisis. We at the Center on
the Developing Child especially wish to honor and support the
extraordinary efforts of our colleagues across the early childhood
community who are working tirelessly to assure the continuing
availability of essential services while focusing public attention on
the many challenges facing families with young children.
At this early stage of what is sure to be a long-term challenge, two
lessons are already clear.
(1) The immediate effects and long-term impacts of this rapidly changing situation will not be evenly distributed. The stresses of caregiving (for children as well as for adults at greater risk) are rising for
everyone. For the millions of parents who were already struggling with
low-wage work, lack of affordable childcare, and meeting their family’s
basic needs from paycheck to paycheck, the stresses are increasing
exponentially. When unstable housing, food insecurity, social isolation,
limited access to medical care, the burdens of racism, and fears related
to immigration status are added, the toxic overload of adversities can
also lead to increasing rates of substance abuse, family violence, and
untreated mental health problems. We cannot lose sight of the massive
consequences of these threats to the health and development of our most
vulnerable children and their families—now and for years to come. Yet
our hope comes from the dedicated, creative individuals and
organizations that are innovating minute by minute to overcome barriers
in collaboration with the people they serve—often in the face of threats
to their own health and economic well-being. We salute these inspiring
efforts and we pledge our support in whatever way we can.
(2) Acting on the best available and most credible scientific knowledge has never been more essential, yet science by itself does not have all the answers. Coming from two very different areas of research, the most
highly relevant science-based messages are urging both supportive
relationships and social distancing
as critical priorities. Prolonged
physical separation is absolutely necessary to slow down the progression
of a pandemic; responsive social interaction is essential for
strengthening resilience in the face of adversity. Reconciling these
conflicting necessities and developing effective strategies requires the
combined wisdom of rigorous scientific thinking, on-the-ground
expertise, and the lived experiences of a wide diversity of people and
communities.
This is a moment in time for all of us to stretch the limits of our
abilities and the boundaries of our creative capacities. Our Center is
assembling easily accessible and actionable scientific knowledge for
supporting the developmental needs of young children and their families
in this current context—and we’re eager to learn from your efforts so we
can, in turn, use our platform to share those insights with others.
We’re also mobilizing our website and social media channels to shine a
bright light on the rich resources available from many other
organizations.
The question is not whether we will get through the ordeal that lies
ahead—because we will. The important questions are how well we can work
together to protect all young children and their families and how much
we will learn from this unprecedented challenge and make necessary
changes for the future. Please remain connected, stay safe, and share
your creative ideas so we can all learn from them.

Jack P. Shonkoff, M.D.
Director
Center on the Developing Child at Harvard University

Leggi il post sul sito del CDC:
Stress, Resilience, and the Role of Science: Responding to the Coronavirus Pandemic

Coronavirus, effetti pesanti sulla mortalità e la natalità

di Alessandro Rosina

AVVENIRE.IT
martedì 17 marzo 2020
Leggi l’articolo completo:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/coronavirus-effetti-pesanti-sulla-mortalit-e-la-natalit

[ESTRATTO]
In Lombardia la media dei decessi a marzo era negli anni scorsi attorno ai 300 al giorno. L’epidemia da sola è arrivata a causarne altrettanti

Da quando è cominciata l’emergenza del coronavirus, sono cresciute la fiducia nella scienza e l’attenzione ai dati. La voce degli esperti ha conquistato la scena nel dibattito pubblico e i numeri che essi forniscono sono diventati le coordinate essenziali comuni per capire la gravità della situazione, aiutandoci ad evitare sia la sottovalutazione sia l’allarmismo.

[…]

se la mortalità colpisce soprattutto le classi di età avanzata, le principali conseguenze indirette del contenimento del virus tendono a ricadere significativamente proprio sui più giovani. È a essi che vengono chiesti i maggiori sacrifici per proteggere, giustamente, le generazioni più mature. Perdono giorni di scuola in un Paese che già ha forti criticità nella formazione (con rischio di aumento delle diseguaglianze, come avverte un comunicato congiunto di Investing in Children e Alleanza per l’infanzia). Perdono opportunità di lavoro in un Paese che ha già il record di Neet in Europa. Perdono reddito, in un Paese in cui a crescere negli ultimi anni è stata soprattutto la povertà delle coppie under 35 con figli. E devono ancor più rinviare la realizzazione dei propri progetti di vita in un Paese che presenta l’età più tardiva al primo figlio.

Uno degli Stati europei che meno hanno investito in tempo di ‘normalità’ sulle nuove generazioni, che più hanno caricato debito pubblico sul loro futuro, che più hanno visto la crisi economica incidere sui nuovi entranti nel mondo del lavoro, si trova ora a chiedere ai giovani il maggior impegno di solidarietà verso le generazioni più mature.
Se vogliamo il bene delle nuove generazioni, ma soprattutto se vogliamo che il bene che le nuove generazioni possono generare diventi la spinta per una ripartenza vitale dopo l’emergenza, è necessario costruire fin d’ora un piano che restituisca a esse una posizione centrale nelle politiche del Paese. Un piano orientato a rafforzare la loro formazione, l’ingresso qualificato nel mondo del lavoro, la valorizzazione del capitale umano, la realizzazione piena dei progetti di vita. Questo renderà anche più solido e solidale il Paese di fronte a prossime nuove emergenze.