Il Family Act ha disposto l’unificazione di tutti gli istituti di sostegno al nucleo familiare. L’approvazione, imminente, della Legge Delega di istituzione l’Assegno unico e universale per i figli (DDL S. 1892) rappresenta un importante momento della riforma degli istituti di trasferimento monetario del welfare, che necessita però dell’approvazione dei decreti attuativi di accompagnamento per una sua pronta implementazione.
Nell’incontro di ieri Arel, Fondazione Gorrieri e Alleanza per l’Infanzia hanno presentato i risultati di una ricerca, realizzata da un proprio gruppo di lavoro multidisciplinare, diretta ad individuare la platea dei potenziali beneficiari, e una proposta per la definizione degli importi dell’assegno, per fornire un proprio contributo alla fase di elaborazione dei Decreti attuativi.
È possibile leggere qui una sintesi del lavoro svolto, i cui dettagli sono contenuti in undocumento più ampio.
Alleanza per l’Infanzia valuta positivamente le disposizioni
del nuovo decreto volte a sostenere le famiglie e in particolare i lavoratori e
le lavoratrici con figli fino a 14 anni. Rileva anche che vi sono alcuni
miglioramenti rispetto ai decreti precedenti, quali l’ampliamento
dell’orizzonte temporale (6 mesi); l’aumento dei fondi stanziati (292 milioni
di Euro); il coinvolgimento di categorie professionali prima escluse.
Alleanza per l’Infanzia tuttavia ritiene che le misure
emergenziali introdotte nel 2020 – volte a sostenere i lavoratori e le
lavoratrici con figli in seguito alla sospensione dei servizi educativi e delle
attività didattiche – hanno potutorispondere solo in misura parziale
e sicuramente non sufficiente ai bisogni di conciliazione e di sostegno
alle spese delle famiglie con figli.
Nel nuovo decreto emerge ancora una visione di insieme e di
più lungo periodo inadeguata a dare risposte soddisfacenti ai bisogni di
conciliazione che vivono le famiglie con figli e di costruire le condizioni per
uno sviluppo sostenibile, dal punto di vista sociale, economico, demografico
che rimetta pienamente al centro la parità di genere e le opportunità per le
nuove generazioni.
Emergono alcune criticità che, a distanza di più di un anno
dall’inizio della pandemia, continuano purtroppo a non trovare soluzione.
Innanzitutto, si osserva il
paradosso per cui il lavoro a
distanza viene considerato in questo momento di emergenza pandemica strumento
di conciliazione e in alternativa al congedo. È un controsenso macroscopico
sia rispetto alla possibilità di raggiungere un equilibrio sostenibile tra cura
e lavoro, sia rispetto all’obiettivo di assicurare ai figli adeguate cure. Ciò
vale in modo particolare per la prima infanzia. Ma è vero anche per l’età
scolare, poiché è richiesto un accompagnamento attivo nelle attività di DAD
Quanto al congedo straordinario (congedo Covid) per genitori con figli sotto
i 14 anni, (che nei primi decreti del 2020 era alternativo al Bonus
baby-sitting) Alleanza per l’infanzia non comprende perché non possa essere richiesto
da chi, pur potendo teoricamente lavorare a distanza, ha bambini troppo piccoli
per poterlo effettivamente fare. Inoltre, ritiene che il modo in cui è regolato
risulti poco attento al riequilibrio di genere della cura, non prevedendo
alcun incentivo per favorirne l’utilizzo anche da parte dei padri. Il
congedo è anche fortemente penalizzante per i redditi familiari modesti,
dato che implica una decurtazione del 50% del salario.
Il bonus
baby-sitting, che già nel 2020 (prima e seconda edizione) appariva limitato
– sia rispetto ai bisogni di conciliazione, sia rispetto al sostegno e alla
cura dei figli – nel disegno del nuovo decreto appare ancora più restrittivo,
poiché destinato ai soli lavoratori autonomi e al personale dei settori
essenziali (lavoratori iscritti alla gestione separata Inps, lavoratori
autonomi, personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico,
dipendenti del settore sanitario, ecc.). Sicuramente è doveroso aiutare queste
categorie a fronteggiare i problemi di conciliazione tra lavoro e cura. Non è
però comprensibile perché non sia data la stessa possibilità anche alle
operaie/i, commesse/i, ovvero alle lavoratrici e lavoratori in presenza che non
possono permettersi di prendere il congedo di fruire del bonus babysitter.
Questa distinzione per “categorie” dei sostegni alla conciliazione tra lavoro e
cura nell’emergenza non lascia alcuno spazio ai genitori di scegliere lo
strumento più adatto alla loro situazione.
Si
aggiunga che il bonus babysitter appare anche molto limitato nel disegno,
poiché non tiene conto dei diversi bisogni familiari (ad esempio, l’entità del
bonus non varia in relazione all’età e al numero dei figli).
In sintesi, Alleanza per l’Infanzia ritiene che gli
interventi proposti non riescano a rispondere appieno ai bisogni emergenti
delle famiglie con figli (in termini di cura) scaricando in larga parte sui
genitori i costi e il compito di trovare soluzioni ai bisogni educativi e di
socialità dei figli. In particolare, preoccupano le conseguenze sulle madri
con minori risorse economiche che si vedranno costrette a lasciare il lavoro,
ancora di più di quanto gli ultimi dati ISTAT e quelli dell’Ispettorato
Nazionale del Lavoro indichino.
Alleanza per l’Infanzia, chiede pertanto di ripensare al disegno
delle misure straordinarie a sostegno per le famiglie nel periodo
dell’emergenza, per impedire ricadute ulteriormente penalizzanti sulle madri e
sui bambini/ragazzi di classi sociali più svantaggiate.
In dettaglio:
In
merito al lavoro a distanza si invita
a rivalutare il concetto di incompatibilità con la domanda di accesso per il
bonus baby-sitting o con il congedo.
Riguardo
al congedo straordinario, auspicando
una riforma strutturale del sistema dei congedi nella direzione di una maggiore
presa in carico delle istanze rappresentate dalle famiglie con figli/e e delle
questioni legate al genere, si invita a riconsiderare l’ammontare
dell’indennità (riducendo la decurtazione) e prevedendo forme di incentivo
economiche capaci di coinvolgere maggiormente anche i padri nell’utilizzo.
Per
il bonus baby-sitting si chiede di
ripensare al target dei beneficiari: estendendo la platea dei potenziali
beneficiari a tutti i genitori lavoratori con figli sotto i 14 anni,
indipendentemente dal settore in cui lavorano e dalla modalità lavorativa.
Il 10 marzo scorso una delegazione di #educAzioni ha incontrato virtualmente il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi per presentargli le proposte per una giusta e inclusiva ripartenza della scuola, condivise dalle dieci reti aderenti, tra le quali anche Alleanza per l’Infanzia.
Queste proposte assumono oggi, a pochi giorni dalla nuova chiusura della didattica in presenza su quasi tutto il territorio nazionale, un valore e un’urgenza ancora maggiori.
Sintesi delle proposte di azioni immediate:
TEMA 1: Un monitoraggio sistematico dei bambini e ragazzi che la scuola sta perdendo
TEMA 2: Allargare la definizione “Bes” per includere alunni con fragilità educative legate alle condizioni sociali/familiari
TEMA 3: Utilizzo delle infrastrutture scolastiche e di aule diffuse per lo svolgimento di una “DAD protetta” in gruppi da 6 anche in zona rossa
TEMA 4: Scuole aperte d’estate
TEMA 5: Sistema integrato 0-6 anni
TEMA 6: Forte rafforzamento del sistema integrato dell’educazione e dell’istruzione nella fascia 0-6
TEMA 7: Rafforzamento dell’integrazione fra lo 0-3 e il 3-6 per arrivare ad un vero sistema integrato per i bambini in età 0-6 anni
TEMA 8: Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura
TEMA 9: Mense scolastiche: evitare le discriminazioni
Azioni di piano programmatico di medio-lungo termine:
TEMA 10: La struttura istituzionale e organizzativa dell’istituto scolastico
TEMA 11: Condizioni per un tempo pieno e un rinnovamento della didattica
TEMA 12: I docenti e la formazione
TEMA 13: La scuola e la comunità educante e Gli spazi delle scuole e gli strumenti didattici
La pandemia sta creando una voragine nella disuguaglianza sociale del Paese a partire dalle giovani generazioni. L’8% di tutte le bambine/i e ragazze/i delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe. La quota sale al 23% tra le/gli alunne/i con disabilità. Questo grave fenomeno di esclusione scolastica, lede il diritto all’istruzione e aumenta la probabilità di abbandono scolastico, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione, riducendo in modo inaccettabile le loro possibilità di crescita.
La Rete EducAzioni, composta da dieci reti di associazioni afferenti alla società civile, alle organizzazioni sindacali ed alle associazioni di categoria del mondo scolastico, chiede pertanto di rivedere con urgenza le norme previste nel DPCM affinché:
venga ribadito che anche negli atti e
nelle ordinanze regionali la chiusura delle scuole venga ordinata solo nel
caso vi sia il parametro di emergenza fissato dal DPCM dei 250 casi su 100.000
abitanti;
sia meglio precisato che i dirigenti
scolastici, pur nel rispetto dell’autonomia, devono sempre assicurare, nella
massima misura possibile, la dimensione inclusiva garantendo il diritto
alla frequenza in presenza di alunne/i con
disabilità e con bisogni educativi speciali, unitamente agli altri compagni che
ne hanno i requisiti, magari in piccoli gruppi. Si raccomanda inoltre il coinvolgimento
e la corretta informazione nei riguardi delle famiglie di studentesse e studenti con disabilità, troppo spesso lasciate sole in balia degli eventi.
e
siano da subito garantiti:
servizi educativi per la prima infanzia in tutto il territorio nazionale;
il ripristino della didattica in
presenza per le scuole dell’infanzia;
la
possibilità di organizzare, in collaborazione con regioni ed enti locali,
mini-gruppi di apprendimento su tutto il territorio nazionale, includendo
le/gli alunne/i con disabilità e con bisogni educativi speciali, per
garantire l’accesso alla didattica a distanza e la continuità della relazione
educativa per studentesse e studenti delle scuole primarie e secondarie di
primo e secondo grado, dentro gli spazi scolastici e nelle aule diffuse, anche
con il coinvolgimento del terzo settore e della società civile, di fatto già
coinvolti in molti progetti che stanno collaborando con le scuole
in questo momento;
l’elaborazione quanto prima un piano educativo nazionale per l’Estate
con modalità inclusive coinvolgendo tutti i soggetti interessati,
pubblici, di terzo settore e dell’associazionismo civile.
Alleanza per l’Infanzia esprime profonda preoccupazione per la mancata predisposizione di un piano di sostegno educativo a fronte della chiusura della didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado e nei servizi educativi per la prima infanzia nelle zone rosse. Preoccupa altresì la discrezionalità lasciata ai Presidenti di regione nel chiudere scuole e servizi educativi anche nelle zone gialle e arancioni.
Ciò aggrava il disagio che tutte/i le/i bambine/i e adolescenti stanno
sperimentando in questo lungo anno di pandemia e allarga ulteriormente le
disuguaglianze dovute a povertà materiale ed educativa.
La pandemia sta ledendo il diritto all’istruzione di tutte/i le/i bambine/i e adolescenti, con conseguenze ancora più gravi per le/i più svantaggiate/i, come hanno già documentato numerose ricerche in questi mesi. Non si aggrava soltanto la povertà materiale di un numero crescente di minorenni, ma anche quella educativa, riducendo così in modo inaccettabile le loro possibilità di crescita.
Anche nel caso di lockdown totale a queste/i bambine/i e adolescenti
va garantita la possibilità di essere seguiti in spazi extra-familiari. Il
diritto alla salute e diritto all’istruzione vanno entrambi garantiti.
Alleanza per l’Infanzia, composta da 34 enti, associazioni e organizzazioni sindacali, aventi rilevanza nazionale, e da studiose/i e ricercatrici/ori con competenze ed esperienze specifiche in materia di diritti, salute, educazione, sviluppo dei bambini e adolescenti, di politiche per le famiglie, chiede:
che la Conferenza
delle regioni e delle province autonome e l’ANCI si diano criteri uniformi
per assicurare il più possibile la continuità dei servizi educativi e
scolastici;
di rivedere
con urgenza le norme previste nei DPCM per le zone rosse affinché non
si chiudano indiscriminatamente le scuole, e in particolare i servizi
educativi per la prima infanzia, la scuola dell’infanzia e la scuola primaria,
ma che si rinunci all’attività in presenza solo in modo molto selettivo,
là dove a livello locale, e non solo regionale, lo richiedano i tassi di
contagio. Contestualmente va accelerata la vaccinazione delle/degli educatrici/ori
e insegnanti e degli altri operatori della scuola;
che nelle
zone rosse le scuole promuovano, in collaborazione con Regioni ed Enti locali, presidi
educativi dove mini-gruppi possano essere accolti e seguiti, sia all’interno
degli spazi scolastici, sia in ‘aule diffuse’ e con educatori messi a
disposizione dalla società civile e dal Terzo settore, anche ricorrendo
ai Patti educativi territoriali;
prevedere già
da ora come affrontare la situazione dopo Pasqua, mettendo a punto tutti
gli strumenti necessari per impedire il riaccendersi della pandemia nella ripresa
della scuola in presenza.
Chiede infine che venga predisposto quanto prima un Piano educativo
nazionale per l’Estate, che coinvolga anche tutti i soggetti
interessati e competenti in materia, appartenenti all’associazionismo civico, al
Terzo settore e alle realtà culturali del nostro Paese.