LA SCUOLA E I SERVIZI EDUCATIVI PER LA PRIMA INFANZIA SONO ALTRETTANTO CRUCIALI DELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE PER LA RIPRESA E IL FUTURO DEL PAESE

Comunicato del 30 aprile 2020

È importante ricordarci in questo momento complesso che il sistema educativo italiano risponde innanzitutto ai diritti costituzionali dei bambini e ragazzi a ricevere un’istruzione e ad avere accesso a risorse adeguate al fine di assicurare il pieno sviluppo delle proprie capacità fin dai primi anni di vita e di contrastare le disuguaglianze di partenza. Esso è anche importante e fondamentale per aiutare a risolvere i problemi di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori.

Come ha riconosciuto anche il Presidente della Repubblica, la chiusura delle scuole (inclusi nidi e scuole dell’infanzia) è una ferita per tutti, ma soprattutto per i bambini e ragazzi.

Il tema è stato sottolineato anche da vari organismi internazionali, che stanno sollevando serie preoccupazioni circa le conseguenze sui bambini e ragazzi dell’isolamento sociale e della chiusura degli spazi educativi, preoccupazioni che sono state espresse anche in Italia da un folto numero di pediatri e neuropsichiatri infantili. Tra queste preoccupazioni vi è anche quella dell’ulteriore aumento della già elevata incidenza della povertà di bambini e ragazzi, con un peggioramento anche della povertà educativa.

In questo contesto, è certamente cruciale che il reddito delle famiglie sia sostenuto e che i genitori siano messi in condizione di poter lavorare. Appare tuttavia altrettanto necessario portare al centro del dibattito il ruolo del sistema educativo e dell’istruzione, sia per assicurare una crescita adeguata ai bambini e ai ragazzi che per sostenere i genitori lavoratori.

In questa prospettiva, condividiamo l’importanza di rafforzare nell’immediato gli interventi di conciliazione in atto (congedo parentale straordinario, lavoro a distanza laddove possibile, voucher babysitter). Segnaliamo tuttavia che essi coprono solo in maniera limitata il bisogno dei lavoratori/lavoratrici che vi hanno accesso. Sono, inoltre, difficilmente fruibili di principio o di fatto dalla maggior parte delle lavoratrici/lavoratori autonome. In ogni caso, non affrontano e tanto meno mettono al centro i bisogni educativi di bambini e ragazzi.

Nel procedere nella fase 2 (e 3) dell’emergenza COVID 19, con la progressiva riapertura delle attività produttive occorre, quindi, affrontare contestualmente;

  • i bisogni educativi e di socialità dei bambini e ragazzi;
  • i problemi di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori di figli minori, in particolare sotto i 14 anni;
  • il rischio di impoverimento dell’offerta di servizi educativi per la prima infanzia.

I bisogni educativi: la fase 2 e 3 dei servizi educativi per l’infanzia, delle scuole e dei servizi socio-educativi

La riapertura dei servizi educativi per l’infanzia, delle scuole e dei servizi socio-educativi in condizioni di sicurezza sanitaria pone senza dubbio complessi problemi organizzativi, di utilizzo dello spazio e di personale, così come di attività effettuabili. Non si capisce tuttavia perché la loro soluzione venga rimandata in toto a settembre e, per la prima infanzia anche oltre, invece di cominciare ad affrontarla già da ora, come avviene per altri settori e in altri paesi, definendo un Protocollo di salute e sicurezza nazionale specifico per questi comparti attraverso una cabina di regia che coinvolga Istituzioni e parti sociali, e cogliendo l’emergenza sanitaria come uno stimolo per ripensare organizzazioni spaziali e modalità didattiche.

Tutti noi siamo preoccupati di evitare una ripresa della epidemia. Riteniamo, tuttavia, che talune preoccupazioni che spingono a ritardare l’apertura dei servizi per l’infanzia e le scuole, a differenza di quanto avviene in altri paesi dove addirittura si sta ripartendo proprio dai più piccoli:

  1. non tengano in conto i rischi per la salute fisica e psichica di bambini e ragazzi derivanti dalla perdurante assenza di apporti educativi e supporti psicosociali (questi ampiamente documentati sia a livello internazionale che italiano), e questo in particolare per bambini e ragazzi già in condizioni di vulnerabilità biologica e/o sociale;
  2. non tengano in conto che la chiusura di servizi educativi, scuole e servizi socio-educativi non preserva affatto da occasioni di contagio, visto che le famiglie, soprattutto ora che le attività lavorative riprendono, dovranno comunque trovare soluzioni per i loro bambini e quindi si attiveranno forme di socializzazione, con parenti, amici e conoscenti, mettendo i bambini e ragazzi assieme, che lasciano intatti se non aumentano i rischi di contagio, senza peraltro fornire nessun apporto educativo;
  3. non considerino le alternative costituite da forme nuove, per spazi e tempistica e controllate (testing di insegnanti ed educatori, anamnesi familiare per i bambini, sanificazione ambienti, ecc.) di ‘fare scuola’. Le valutazioni del rischio appaiono invece legate a una concezione della scuola organizzata per grandi gruppi in spazi ristretti, che andrebbe superata e che già non è operante nei nidi, ove il rapporto bambini-educatori è di 5 a 1 per i più piccoli, per salire a 8 per i più grandi. Ridurre i gruppi consentirebbe di monitorare meglio sia i bambini, sia i genitori. Dalla scuola primaria in su, il solo ridimensionamento della numerosità delle classi e il conseguente e necessario potenziamento degli organici consentirebbero anche quel distanziamento fisico impossibile da ottenere dai più piccoli.

Ciò che è urgente fare nelle prossime settimane

  1. Nell’ottica di un rafforzamento delle opportunità educative e di socializzazione per bambini e ragazzi già durante l’estate, è necessaria una riprogettazione dei servizi comunali a gestione diretta o indiretta (tramite appalti, e/o convenzioni), che coinvolga tutti i principali soggetti presenti in ogni territorio (enti locali, scuole, servizi sanitari, sindacati, Terzo settore). Tutte le energie disponibili sul territorio vanno convogliate nella direzione di una risposta quanto più possibile coordinata al fine di promuovere opportunità educative e di socializzazione diffuse e di prossimità (per evitare spostamenti) sul territorio, in micro-gruppi, svolti all’aperto o in spazi chiusi che consentano il rispetto dei requisiti di distanziamento fisico, con chiari protocolli sanitari.
  2. Per i bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo e superiore occorre fare una ricognizione di coloro che non sono stati ancora raggiunti dalla didattica a distanza, per mancanza di accesso agli strumenti telematici o per abbandono, in modo da canalizzare le risorse messe a disposizione a questo fine dal governo e mettere a punto iniziative specifiche di sostegno e recupero durante l’estate.
  3. Per i bambini e ragazzi con disabilità o in condizione di grave disagio familiare riprendere e rafforzare, pur con i requisiti richiesti dalla nuova situazione, le iniziative a loro sostegno sospese o fortemente ridotte durante la Fase 1.

Tali azioni a nostro avviso dovrebbero partire da una mappatura, territorio per territorio:

  • degli spazi aperti e apribili a bambini e ragazzi, privilegiando quelli verdi e attrezzati e le sedi scolastiche, che potrebbero essere utilizzate per la fornitura di servizi;
  • dei soggetti che operano in ambito educativo, culturale, ricreativo e sportivo, al fine di valutare il coinvolgimento di tutti gli attori disponibili in un piano inclusivo di servizi che valorizzi le risorse, le esperienze e le professionalità già presenti sul territorio, utilizzando anche i giovani già selezionati per il servizio civile.

Ci sembra questa la linea su cui sta muovendosi l’ANCI nell’interlocuzione con la Ministra della famiglia. Se il coinvolgimento dei Comuni, Province (per l’edilizia scolastica) e Regioni è indispensabile nella progettazione della fase 2 (e 3), occorre tuttavia formulare chiare linee guida nazionali per evitare che ciascun Comune o Regione si muova totalmente per conto suo, o non faccia nulla, lasciando le famiglie e i bambini e ragazzi esclusivamente alle proprie risorse, accentuando le disuguaglianze, oltre che possibili rischi di iniziative fuori controllo dal punto di vista sanitario, oltre che educativo.

La disponibilità a discuterne mostrata dal Presidente del Consiglio negli ultimi giorni è un segnale positivo, ma deve diventare impegno concreto perché le famiglie già vivono in condizione di grande incertezza e hanno bisogno di risposte.

Nel medio-lungo periodo

Contestualmente, senza aumentare la numerosità delle commissioni operanti nell’ambito della risposta pubblica alla pandemia, ma per focalizzarne meglio le competenze in un quadro integrato, è necessario che ai tavoli e alle commissioni che stanno lavorando alle condizioni necessarie per la riapertura dei servizi per la prima infanzia e delle scuole partecipino maggiormente i soggetti che in questi servizi operano e di questi servizi sono responsabili: ANCI, Conferenza Stato-Regioni, insegnanti, educatori, sindacati, enti del Terzo settore e dell’associazionismo civico.

Ciò consentirà di affrontare in modo integrato i problemi della sicurezza sanitaria, dell’organizzazione spaziale e temporale, della qualità e forma della didattica, per i vari ordini di scuola e servizi educativi.

La questione della conciliazione

Accanto a una progressiva riapertura dei servizi e della scuola, per favorire la conciliazione ci sembrano necessari i seguenti strumenti:

  • utilizzo del lavoro a distanza ovunque sia possibile, ma con possibilità di negoziare gli orari (inclusa la possibilità di fruire di part time) e con equilibrio tra donne e uomini e lungo la filiera gerarchica, auspicabilmente regolato attraverso percorsi partecipati dalle rappresentanze dei lavoratori. Nel rispetto delle tutele previste dalla legge e della contrattazione, la priorità dovrebbe essere data ai genitori con figli minori di 14 anni;
  • previsione della facoltà di andare in part time lungo straordinario, se espressamente richiesto da genitori con figli minori di 14 anni, assicurando il pieno diritto alla reversibilità su richiesta del lavoratore e della lavoratrice, sia per i padri sia per le madri (anche per favorire l’alternanza tra i due);
  • prolungamento del congedo genitoriale straordinario, con la possibilità di fruirne part time (analogamente al congedo ordinario), con una maggiore copertura contributiva e con un premio di giorni aggiuntivi se condiviso a turno da entrambi i genitori.

Va considerato che tutti questi strumenti: a) hanno dei costi economici per i lavoratori e le lavoratrici, b) non possono essere adottati con la stessa facilità in tutte le aziende, c) non sono sempre fruibili da parte di tutte le categorie di lavoratori, in particolare autonomi, liberi professionisti, lavoratori dello spettacolo, colf e badanti; d) presentano elevati rischi di svantaggiare ulteriormente le madri sul mercato del lavoro.

Segnaliamo, inoltre, come anche il lavoro a distanza, seppur uno strumento da valorizzare in futuro, rappresenti nelle circostanze attuali – se non combinato con un adeguato set di congedi e permessi e in assenza di servizi educativi e scuola – una soluzione solo parzialmente adeguata, sovrapponendosi alla presenza dei figli 24 ore su 24 e ai compiti aggiuntivi di home schooling, di fatto prodotti dalla didattica a distanza, specie per i più piccoli. Il tutto, spesso, in condizioni di affollamento abitativo e mancanza di strumenti e competenze tecnologiche adeguate.

Rischi di chiusura dei servizi e di perdita di lavoro del personale

Segnaliamo, infine, che la prolungata chiusura dei nidi, delle scuole e dei servizi integrativi per l’infanzia, nonché dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, costituisce un rischio, già in atto, per la stessa esistenza di questi servizi e l’occupazione di chi vi lavora. Vi è già una situazione di forte sofferenza soprattutto nei servizi privati, che costituiscono quasi la metà dei, già scarsi, nidi di infanzia, ma anche in quelli pubblici e nelle scuole dell’infanzia, così come tra gli educatori che lavorano con le scuole con i bambini e ragazzi disabili. Se non si provvede a sostenerli economicamente per affrontare la transizione (inclusi i costi dei necessari adeguamenti strutturali e organizzativi) il rischio è che alla ripresa molti non ci saranno più, accentuando ulteriormente la scarsità di questi servizi che colloca l’Italia tra i paesi europei meno generosi e meno universalistici in questo settore così cruciale per lo sviluppo e le pari opportunità tra bambini.

Il nostro Paese ha già una dotazione relativamente limitata di servizi per la prima infanzia (in particolare per la fascia di età sotto i tre anni): sarebbe tragico se nei prossimi mesi, invece di procedere per un ampliamento di tale rete, così come il governo si era impegnato a fare fino a pochi mesi fa, ci dovessimo ritrovare con un drammatico ridimensionamento della stessa in conseguenza della chiusura di molte esperienze.

Quei bambini senza posto nell’agenda del governo

di Chiara Saraceno

Articolo pubblicato il 26 aprile 2020 su REP: di Repubblica

Scuole chiuse: il bonus baby sitter e i congedi per i genitori non rispondono ai bisogni educativi e di socialità. Serve una “estate ragazzi diffusa”

I bisogni di socialità e il diritto a ricevere un’istruzione adeguata dei bambini e ragazzi continuano a rimanere assenti dall’agenda politica e dai piani di riapertura. Nell’intervista a questo giornale Conte ha assicurato che la scuola riaprirà a settembre, anche se in tempi e modi ancora tutti da definire e senza chiarire se la cosa riguarderà anche il sistema educativo per la fascia di età 0-6 anni, nidi e scuole dell’infanzia, per la quale anzi si minaccia la possibile posticipazione di un anno.
Sembra che non ci sia consapevolezza, tanto meno preoccupazione, per l’impoverimento di opportunità educative e di sviluppo che questa clausura forzata sta provocando sui bambini e ragazzi. I bambini e ragazzi per crescere hanno bisogno anche di esperienze e relazioni fuori dalla famiglia. Esperienze che un’ampia letteratura internazionale ha documentato essere cruciali già dalla più tenera età e che non possono essere surrogate neppure dai genitori più amorosi e competenti.
Lo ha riconosciuto finalmente anche il legislatore italiano quando, nel 2017, ha inserito a pieno titolo i servizi educativi per la fascia 0-6 nel sistema istruzione. Una chiusura così prolungata di tutti gli spazi educativi e di socialità rischia di essere pagata a caro prezzo dai bambini e ragazzi in generale, ma soprattutto da quelli in condizione di svantaggio economico e sociale, o di grave disagio familiare.
Questi, infatti, non solo hanno potuto fruire della didattica a distanza con molta più difficoltà dei loro coetanei più fortunati, per scarsità o assenza di strumenti adeguati, condizioni abitative spesso sovraffollate, limitate competenze dei genitori, accumulando perciò svantaggi nei processi di apprendimento. Sono perciò coloro che hanno più bisogno di trovare occasioni extrafamiliari che stimolino le loro capacità in contesti sicuri dal punto di vista sia sanitario sia ambientale.
A questi bisogni non ci si può limitare a rispondere, come ci si appresta a fare, prolungando il bonus baby sitter e la possibilità di fruire di un congedo genitoriale straordinario, due misure per altro limitate ai soli casi in cui entrambi i genitori, o l’unico presente, lavori fuori casa.
Queste due misure, infatti, non solo non sono sufficienti a coprire i lunghi mesi da qui a (forse) settembre. Non rispondono neppure ai bisogni educativi e di socialità dei bambini e ragazzi. Occorre invece pensare a organizzare, per i mesi da qui alla ripresa di settembre, e in preparazione di quella, attività per piccoli gruppi, utilizzando una molteplicità di spazi –  alcune aule e cortili delle scuole e dei nidi, palestre, parchi attrezzati, oratori , case di quartiere, ludoteche  – ove piccoli gruppi possano incontrarsi in sicurezza insieme ad educatori: una sorta di “estate ragazzi” diffusa, fatta di micromunità circoscritte e monitorate. Anche per i più piccoli, che è vero che non possono mettere le mascherine, gattonano e si mettono tutto in bocca, ma sembra assodato che non si infettano tra loro.
Se in Francia, Spagna, Danimarca, Germania, si stanno attrezzando in questo senso, perché non in Italia?

Le famiglie verso la “fase 2”: ma a pagare sono le mamme

di Chiara Saraceno

Articolo pubblicato il 18 Aprile 2020 su REP: di Repubblica

Si sta ragionando su come riavviare le attività produttive. Tutto giusto. Peccato che in questa riflessione manchi un pezzo importante: l’organizzazione quotidiana di chi andrà a lavorare avendo figli minorenni

Si sta ragionando su come riavviare le attività produttive, individuando tutti i passaggi e le condizioni necessarie perché ciò avvenga in sicurezza: da una dotazione sufficiente di mascherine e disinfettante, alla possibilità di distanziamento fisico, a modalità di trasporto sicuro dal punto di vista della protezione sanitaria. Tutto molto giusto. Peccato che in questa riflessione manchi un pezzo importante: l’organizzazione famigliare di chi andrà a lavorare avendo figli minorenni.
È come se chi sta preparando la riapertura delle attività produttive avesse in mente una composizione della forza lavoro fatta solo, o prevalentemente, di persone vuoi senza responsabilità familiari, vuoi di uomini che possono delegare l’organizzazione della famiglia e la cura dei figli alla moglie o compagna. Come se fossimo ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando, per un breve periodo, divenne maggioritario il modello familiare, e del mercato del lavoro, imperniato sull’uomo procacciatore di reddito e donna addetta al lavoro domestico e alla cura.

Ma non è più così da tempo, neppure in Italia dove pure l’occupazione femminile continua ad essere comparativamente bassa. Nelle famiglie con figli solo un terzo corrisponde a questo modello. Negli altri due terzi o entrambi i partner sono occupati. E ci sono le famiglie in cui sempre più spesso la lavoratrice è anche l’unico genitore presente.
Come stanno denunciando i molti appelli al governo di gruppi di genitori che circolano in questi giorni, la progressiva riapertura delle attività produttive non può prescindere dalla contestuale messa a punto delle condizioni che garantiscano ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno figli minorenni di poter far fronte ai bisogni di cura, relazione, educazione di questi. Con l’avvertenza aggiuntiva che sono le mamme lavoratrici a rischiare di più.
A fronte, infatti, della mancanza di soluzioni adeguate, i differenziali salariali tra uomini e donne, la persistente divisione asimmetrica del lavoro familiare, unita a modelli di genere ancora troppo rigidi, saranno queste a dover gettare la spugna, a rinunciare al lavoro, o ad essere considerate poco affidabili dai datori di lavoro.
Dopo 50 giorni di chiusura delle scuole e dei nidi, molte che non hanno potuto lavorare da casa hanno ormai esaurito ferie, congedi parentali, permessi retribuiti e guardano ai lunghi mesi da qui a settembre – senza scuole e campi estivi e altre attività organizzate, e senza potersi rivolgere ai nonni – con preoccupazione.
Per altro, anche chi sta lavorando da casa in una condizione di richiesta di presenza totalizzante 24 ore su 24, tra lavoro a distanza, accompagnamento e integrazione della didattica on line, organizzazione delle attività di bambini e ragazzi ormai sull’orlo di una crisi di nervi, spesso in spazi ridotti e con strumenti insufficienti, comincia a considerare che questa modalità di lavoro, in queste condizioni, è lungi dall’essere uno strumento di conciliazione delle responsabilità familiari e lavorative. Rischia piuttosto di essere una trappola senza uscita.

Il rinnovo del congedo genitoriale straordinario per altri 15 giorni, magari con un incentivo (altri 10 giorni?) se ciascun genitore ne prende una parte, la possibilità di andare in part time straordinario possono sicuramente aiutare. Ma, oltre a rischiare di essere fruiti solo dalle donne, ad implicare una perdita di reddito e a non rispondere alle necessità dei lavoratori autonomi, liberi professionisti e simili, non bastano a coprire l’intero periodo da qui a settembre. Non possono neppure soddisfare la necessità di bambini e ragazzi di tornare anche loro ad una vita non da reclusi e non limitata esclusivamente alle relazioni familiari strette.
Devono perciò essere messe a punto anche altre misure di “fase 2” per famiglie e bambini e ragazzi.
Vanno individuate subito regole e strumenti che consentano, con la collaborazione del Terzo settore e delle associazioni di società civile, oltre che delle scuole e dei nidi, di organizzare le attività – ludiche, sportive, educative – dei bambini e ragazzi fuori casa e senza i genitori, per piccoli gruppi, possibilmente all’aperto, con le mascherine e il distanziamento fisico necessario, almeno per qualche ora al giorno. E nel frattempo lavorare perché scuole e servizi educativi riaprano in condizioni di sicurezza a settembre, senza ritardi, anche se con modalità parzialmente diverse da prima.

Alessandro Rosina ospite di ‘Giorno per Giorno’ (RAI Radio1)

Questa mattina Alessandro Rosina – assieme a Raffaella Milano (Save the Children) – è intervenuto nella trasmissione di RAI Radio 1 “Giorno per giorno” per affrontare il tema BAMBINI E MILLENIALS AI TEMPI DEL COVID. Naturalmente si è parlato del comunicato di Alleanza per l’Infanzia che chiedeva al governo di mettere al centro della Fase 2 bambini e adolescenti.

Ascolta la trasmissione GIORNO PER GIORNO (dal minuto 33 circa)

Tre nuove adesioni ad Alleanza

Diamo il benvenuto con grande piacere a tre nuovi aderenti all’Alleanza per l’Infanzia!

Sono:

WeWorld Onlus

Organizzazione italiana indipendente che realizza progetti di Cooperazione allo Sviluppo e aiuto Umanitario in 29 Paesi, compresa l’Italia, raggiungendo oltre 4,7 milioni di beneficiari diretti e 38,9 milioni di beneficiari indiretti.
Bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità, sono i protagonisti dei progetti e delle campagne di WeWorld-GVC Onlus nei seguenti settori di intervento: diritti umani (parità di genere, prevenzione e contrasto della violenza sui bambini e le donne, migrazioni), aiuti umanitari (prevenzione, soccorso e riabilitazione), sicurezza alimentare, acqua, igiene e salute, istruzione ed educazione, sviluppo socio-economico e protezione ambientale, educazione alla cittadinanza globale e volontariato internazionale.
www.weworld.it

Mission Bambini onlus

Fondazione italiana nata nel 2000 con il nome di “aiutare i bambini”, ha lo scopo di dare un aiuto concreto ai bambini poveri, ammalati, senza istruzione o che hanno subito violenze fisiche e morali.
Sostiene in Italia e nel mondo progetti di assistenza sanitaria, educazione ed emergenza. In 20 anni di attività ha sostenuto più di 1.400.000 bambini finanziando 1.600 progetti di aiuto in 75 Paesi.In Italia Mission Bambini si occupa di educazione per la prima infanzia da oltre 10 anni, periodo nel quale ha contribuito ad aprire o ampliare oltre 100 servizi per la prima infanzia su tutto il territorio nazionale. Quindi il nido come canale privilegiato per aiutare concretamente i bambini, coinvolgendo i volontari nella gestione dei servizi e rendendo i nidi stessi dei veri e propri punti di riferimento sul territorio per le famiglie in difficoltà. Mission Bambini si occupa anchedi prevenzione dell’abbandono scolastico e dal 2011 in progetti che favoriscono l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
www.missionbambini.org

“La gabbianella e altri animali”

Associazione nata nel 1999, per occuparsi di adozione e di affidamento, oggi cerca soprattutto di prevenire il distacco tra i bambini e i loro genitori nei vari modi possibili, attraverso forme diverse di solidarietà familiare. Si è occupata per 15 anni dei bambini presenti nel carcere femminile della Giudecca ed è presente nella Casa Circondariale di S.M. Maggiore con progetti che trattano il tema della genitorialità in carcere e dove assiste i padri durante i colloqui con i bambini.
“La gabbianella” offre aiuto alle famiglie in difficoltà, come quelle composte da madri singles o da nonni che crescono i nipotini, pur essendo avanti con gli anni, di far crescere con maggior serenità i loro bambini.
http://www.lagabbianella.org/