Alleanza per l’Infanzia fa proprio l’appello per un immediato cessate il fuoco e per il rispetto delle convenzioni e degli obblighi internazionali di protezione dell’infanzia in Ucraina. Assicura inoltre l’impegno straordinario delle proprie associazioni aderenti nell’accoglienza europea dei profughi e nel sostegno delle ONG operanti sul terreno.
Il conflitto
in Ucraina sta mettendo a rischio tutta la popolazione, senza distinzione tra
civili e persone in armi. I bombardamenti colpiscono abitazioni, scuole,
ospedali, orfanatrofi, uccidendo, ferendo e costringendo alla fuga persone di
ogni età e condizione sociale. Tra questi ci sono 7 milioni e mezzo di bambini, che sono le vittime
principali di tutte le guerre, non solo perché sono esposti, come tutti, al
rischio di venire uccisi o feriti, ma per i traumi fisici ed emotivi che
subiscono con effetti di lungo periodo sulla loro crescita.
Unendosi
all’appello e all’azione di altre associazioni che in questi giorni si stanno
muovendo a difesa dei bambini ucraini, Alleanza per l’Infanzia chiede il
rispetto delle convenzioni e degli obblighi internazionali di protezione
dell’infanzia e di consentire alle agenzie umanitarie di raggiungere in modo
rapido e sicuro i bambini per fornire loro supporto.
Chiede che ospedali, scuole, orfanatrofi e asili non siano mai considerati obiettivi di guerra.
Aderisce all’appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, dell’UNICEF, dell’ISSOP (International Society for Social Paediatrics), dell’ECPCP (European Confederation of Primay Care Paediatricians) e di molte altre associazioni internazionali per un immediato cessate il fuoco.
Impegna le proprie associazioni aderenti a collaborare nell’ambito delle iniziative assunte in Italia per l’accoglienza dei profughi e in campo internazionale dalle reti internazionali e dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, in primo luogo UNICEF e UNHCR, a sostegno delle ONG operanti in Ucraina.
SCUOLA – La rete EducAzioni al Governo: “Rischiamo di investire 5 miliardi di euro per l’edilizia scolastica in progetti già vecchi, perdendo l’occasione di una scuola davvero nuova”
Anche Alleanza per l’Infanzia, assieme aEducAzioni, lancia l’allarme e avanza tre richieste: attenzione a sostenibilità ambientale e inclusività degli spazi, trasparenza e coinvolgimento delle comunità educanti
La preoccupazione del mondo della scuola e del terzo settore è di perdere un’occasione unica. L’allarme viene lanciato dalla rete educAzioni in vista della scadenza, a fine febbraio, dei 4 avvisi pubblici per la realizzazione e messa in sicurezza di asili nido e scuole per l’infanzia, per la costruzione di scuole nuove, per la creazione di mense e palestre, ai quali si aggiunge una prima tranche del Piano per la messa in sicurezza e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico esistente. L’iter prevede la pubblicazione delle graduatorie dei progetti approvati e la loro dislocazione geografica e subito dopo la progettazione degli interventi finanziati.
Un momento cruciale in vista del quale EducAzioni chiede che siano rispettati alcuni requisiti indispensabili sia nella progettazione che nella costruzione dei 195 nuovi edifici scolastici previsti, ma anche di tutti i nidi, le scuole dell’infanzia, i poli 0-6, le palestre e le mense che verranno riqualificati, messi in sicurezza, efficientati energeticamente o costruiti ex novo.
Queste le tre richieste della scuola e di una parte sostanziale del Terzo Settore che con la scuola e nella scuola lavora ogni giorno, soprattutto nei contesti più difficili e marginali:
1.
Sicurezza, sostenibilità, modernità e inclusività: negli interventi di edilizia scolastica sicurezza e sostenibilità ambientale devono andare di pari passo nel creare ambienti di apprendimento moderni e fortemente inclusivi, per permettere non solo una piena inclusione di alunne e alunni ma anche un forte rinnovamento della didattica. Quindi non solo scuole sicure, ma potenziali comunitàenergetiche in grado di provvedere ai propri consumi e, a lungo termine, anche a una parte di quelli del territorio limitrofo; nuovi edifici con ambienti di apprendimento ispirati da una moderna visione pedagogica; recupero e ripensamento di tutti gli spazi utili all’innovazione didattica, soprattutto di quelli condivisi, nelle scuole che saranno oggetto di interventi di messa in sicurezza o efficientamento energetico, cioè la gran parte; inclusività degli spazi, da intendersi non solo come abbattimento delle barriere architettoniche, ma come dimensione di una pratica che enfatizza l’equità nell’accesso e nella partecipazione di tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze come aspetto imprescindibile della propria qualità. E, infine, gli arredi, considerati – a torto – spese non ammissibili negli Avvisi sopra indicati, e che invece sono fondamentali per connotare gli spazi di apprendimento e accompagnare l’adozione di nuove metodologie didattiche. Numerose le buone pratiche da seguire in questo ambito: dall’etichettatura degli spazi con applicazione della Comunicazione Aumentativa e Alternativa e braille ai percorsi sensoriali, dagli allarmi non solo sonori ma luminosi alla creazione di spazi immersivi per bisogni speciali, alla valorizzazione degli spazi esterni, ecc.
2.
Massima trasparenza: necessaria nella trasmissione dei dati sull’edilizia scolastica e chiarezza nel distinguere i nuovi finanziamenti da quelli già in essere, oltre che puntuali riferimenti ai vari capitoli di spesa per gli interventi autorizzati. Il rischio è di non riuscire a leggere correttamente la realtà e di realizzare progetti “vecchi”. Sul portale Futura – La scuola per l’Italia di domani, che dovrebbe dare conto di tutti gli interventi previsti dal PNRR nel settore istruzione, infatti, si menzionano 30.040 progetti già approvati e finanziati, di cui 19.015 conclusi. Il rischio è di far confluire nel PNRR linee di finanziamento vecchie, piuttosto che concentrarsi su progetti nuovi a cui deve dare vita il Piano. Inoltre, finora tutti gli Avvisi premiano progetti già inseriti nel programma triennale o in altri programmi, purché non oggetto di precedenti finanziamenti. Un indubbio vantaggio a rispettare le scadenze per le Amministrazioni (Comuni, Province e Città Metropolitane) ma probabilmente anche un incentivo a realizzare progetti “vecchi” o comunque non particolarmente innovativi dal punto di vista ambientale, dell’adeguatezza dell’organizzazione degli spazi e quindi di una didattica dinamica e inclusiva. Vanno pertanto introdotti subito elementi correttivi e/o di verifica, affinché ciò non avvenga, anche coinvolgendo gli stakeholders delle comunità locali. Nell’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica devono confluire tutti gli interventi finanziati con i vari capitoli di spesa (non solo PNRR); le informazioni riguardanti gli aspetti sismici (vulnerabilità, adeguamento/miglioramento sismico, ecc.) e, se presenti, i dati relativi alle dimensioni di tutti gli spazi, interni ed esterni di ciascun edificio, così da avere la fotografia, una volta per tutte, di quante siano le aule mancanti o inadeguate rispetto al numero degli studenti, quali gli spazi comuni da riutilizzare e dove non sia possibile prevederli, gli asili nido che via via verranno recuperati, messi in sicurezza o ricostruiti grazie ai fondi del PNRR, dal momento che i servizi 0-6, pur essendo a pieno titolo parte del sistema d’istruzione, non sono ancora censiti dall’Anagrafe.
3.
Coinvolgimento delle comunità educanti. Le tempistiche di attuazione molto stringenti previste dal PNRR, la riproposizione di progetti preesistenti da parte degli enti locali, l’aver ignorato il coinvolgimento delle comunità come criterio essenziale (ad eccezione dell’Avviso relativo alle nuove scuole), hanno fortemente limitato le reali possibilità di partecipazione delle scuole e delle comunità educanti al processo di progettazione dei nuovi spazi scolastici e dei servizi 0-6 e di ristrutturazione di quelli esistenti. Invece il coinvolgimento dell’intera comunità scolastica (dirigenti scolastici, insegnanti, studenti, famiglie) per rappresentare esigenze e fornire elementi utili alla progettazione o al ripensamento degli spazi è fondamentale e in linea con la necessità di metterne in primo piano il valore educativo e pedagogico. Inoltre, data l’importanza crescente del rapporto fra scuola e territorio con lo sviluppo delle comunità educanti e la diffusione dei patti educativi di comunità, il coinvolgimento di tutto il territorio nella figura dei diversi soggetti collettivi che vi operano va considerato elemento imprescindibile per la costruzione di una scuola che sia davvero nuova, non solo strutturalmente.
Il Governo ed il
Ministro dell’Istruzione sanno bene che siamo il Paese con le chiusure più
lunghe d’Europa e devono evitare che questa situazione si prolunghi ancora il
prossimo anno scolastico. Gli effetti di questa politica sono stati
drammaticamente testimoniati anche dai risultati dei test Invalsi. Eppure,
a metà luglio nulla ancora è stato approntato per garantire che tutte le scuole
italiane in ogni grado scolastico, incluse le secondarie di II grado, possano
riaprire in presenza con tutte le necessarie garanzie di sicurezza per la
salute e le possibilità di apprendimento di bambine/i e adolescenti. Al punto
che, nonostante lo stesso CTS ne abbia denunciato l’effetto negativo non solo
sugli apprendimenti, ma anche sul benessere psicologico, non viene esclusa la
possibilità di un ritorno alla DaD.
È
molto grave che, dopo un anno e mezzo di pandemia e due anni scolastici
affrontati in modo emergenziale, siamo ancora al punto di partenza.
Bar, ristoranti, piscine, discoteche, turismo sono certo importanti, ma la scuola è indispensabile al Paese. Non è accettabile che in un paese civile, tra i più ricchi al mondo, la preoccupazione prevalente, se la salute pubblica è a rischio, siano le compatibilità con le attività commerciali, non anche e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni. Non è solo questione di DaD. Con la didattica a distanza le scuole hanno fatto il massimo per dare continuità alle attività formative, ma la difficile situazione che si è determinata è solo la spia della trascuratezza con cui è stata considerata la scuola negli ultimi decenni, in contrasto con la sua funzione di riduzione delle disuguaglianze sociali nelle possibilità di apprendimento e di sviluppo delle capacità.
Un
Paese benestante e ignorante è destinato al declino. La pandemia ha solo peggiorato
una situazione già compromessa. Oggi non abbiamo più margini di resilienza. Le
perdite di apprendimento e socialità hanno toccato tutti, ma la DaD ha
amplificato le disuguaglianze: nella disponibilità di dispositivi, nella adeguatezza
delle abitazioni, nelle capacità di sostegno da parte dei genitori, nella
qualità e disponibilità di relazioni. Ha anche troppo spesso riprodotto tutti i
vizi della didattica trasmissiva. Ripercorrere i passi già compiuti sarebbe
oggi irresponsabile, per chi ha il dovere di ridare un futuro a questo paese.
Non possiamo solo
sperare, per altro vanamente, che i dati del contagio non crescano. È responsabilità
della politica AGIRE oggi sapendo che a settembre saremo in mezzo ad una
nuova ondata e garantire da subito le condizioni per la scuola in
presenza. Vaccinare è necessario, ma non è sufficiente, tantomeno la panacea
per tutti i problemi che vanno affrontati per garantire la scuola in presenza.
La scuola in presenza è l’Opzione zero
Non
ci sono alternative efficaci alla scuola in presenza.
Questa deve essere sempre la prima opzione ed è necessario un impegno
categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla, evitando
nuovamente il facile ricorso ad alternative inadeguate.
Un’agenda per uscirne tutte e tutti insieme
Da tutto ciò che non
è stato fatto si ricava un’agenda puntuale di impegni, azioni ed opportunità:
NON è stato
affrontato in modo sistemico il problema dei trasporti.
NON si è pianificato
il rapporto con le ASL, per il tracciamento.
NON si sono cercati
gli spazi, pubblici e privati, per moltiplicare le aule e mettere in sicurezza
i ragazzi ed il personale.
NON si è ridotto il
numero di alunni per classe.
NON si è adeguato
l’organico.
NON
si è fatto alcun passo avanti per contrastare le disuguaglianze nelle
possibilità di fruire efficacemente della DaD, derivanti da condizioni
socio-economiche familiari o da condizioni di disabilità.
Il Ministro
dell’Istruzione e il governo devono mettere in atto tutti i processi necessari
per garantire a partire da settembre e per tutto l’anno scolastico una scuola
in presenza di qualità e sicura, che consenta a
tutte le studentesse e gli studenti le opportunità di apprendimento e crescita
che spettano loro di diritto.
Restano
50 giorni che ci separano dal nuovo anno scolastico. Ci sono 8 settimane, ogni
settimana un passo avanti: SI PUO’ FARE! Le risorse finanziarie, professionali
e culturali ci sarebbero, solo se si decidesse di dare davvero priorità alla
scuola e alle giovani generazioni. Il Ministro ha assicurato il suo impegno in
questa direzione. Noi ci impegniamo a un monitoraggio puntuale.
Vanno istituiti
subito, in ogni territorio, Patti territoriali di governance in
cui le scuole, le altre istituzioni, il terzo settore, il privato disponibile,
esplorino tutte le opportunità fornite dal territorio e delineino i piani per
garantire l’apprendimento in presenza, tenendo in considerazione tutti i
diversi scenari di evoluzione del quadro sanitario.
Va accelerata e completata
la campagna vaccinale, per gli insegnanti e gli
studenti che ne hanno l’età, secondo le recenti indicazioni del CTS.
Vanno evitate deroghe alla scuola in
presenza decise su base locale disattendendo le indicazioni nazionali.
Va data attuazione
alle misure contenute nel Patto per la scuola al centro del Paese,
siglato tra governo e organizzazioni sindacali per superare le difficoltà
endemiche del sistema scolastico.
Infine, va avviata subito unariflessione sistematica sulla scuola, il suo funzionamento, i suoi obiettivi, le sue strutture e un immediato potenziamento dell’offerta educativa di qualità, scolastica ed extra-scolastica, soprattutto nelle aree territoriali oggi più deprivate e in generale nei contesti dove si sono riscontrate maggiori sofferenze sul piano sia degli apprendimenti sia socio-emotivo e relazionale.
Servizi educativi per la prima infanzia, lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa, edilizia scolastica: secondo la rete educAzioni necessari chiarimenti e correzioni nel PNRR per garantire efficacia delle azioni e un futuro a bambini e bambine, ragazzi e ragazze
Alcune criticità da correggere subito nel PNRR sul tema educativo. La rete educAzioni le rileva in tre ambiti: i servizi educativi per la prima infanzia; la lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa; l’edilizia scolastica.
Per quanto riguarda i servizi educativi per la prima
infanzia, nel PNRR si destinano 4,6 miliardi, ancora non sufficienti alla copertura
del 33% (obiettivo che l’Italia doveva raggiungere nel 2010) e si prevedono
228.000 posti da creare negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia. Tuttavia
non viene citato un target di copertura omogeneo a livello nazionale. È invece
necessario stabilire un target minimo
della copertura dei servizi (33%), in gestione pubblica diretta o affidati
in convenzione, per ciascuna regione ed anche nelle aree interne e
periferiche, con accesso gratuito o semi-gratuito in modo tale dafavorire la frequenza dei bambini
appartenenti a famiglie in condizione
economica modesta. Inoltre occorre dare supporto tecnico alle amministrazioni locali per la progettazione e
gestione di questi nuovi servizi, e realizzare contestualmente servizi
integrativi volti a rafforzare la genitorialità, in particolare in
territori caratterizzati da forte disagio economico e sociale.
Rispetto al contrasto della dispersione scolastica e della
povertà educativa, trattata nelle missioni 4 e 5 del Piano, una importante criticità riguarda il fatto che il PNRR
individua nella mancata acquisizione di competenze di base una delle principali
cause dell’abbandono scolastico e punta sul recupero di tali competenze come
leva per ridurre i divari territoriali. Tuttavia vanno considerati altri
aspetti quali il contesto familiare e territoriale, l’individuazione precoce di
segnali di allontanamento (assenze prolungate, insuccessi scolastici…), il
clima scolastico e il senso di appartenenza tra pari, il protagonismo, la
relazione con i docenti, il superamento di difficoltà materiali legate alle
condizioni di povertà familiare o ad altre fragilità. I due interventi proposti
nel PNRR (l’erogazione on line di un pacchetto di 3 ore di mentoring individuale e 17 ore di recupero formativo per 120mila
studenti tra i 12 e i 18 anni e l’intervento di 10 ore di mentoring o
consulenza individuale previsto a favore di 350.000 giovani tra i 18-24 anni,
per favorire il loro rientro nel circuito formativo), per essere efficaci devono
essere collocati all’interno di un
insieme di azioni di rafforzamento della fiducia e delle capacità. In ogni
caso, si considera indispensabile la previsione di una valutazione di impatto
di tutte queste iniziative. Inoltre appare necessario: definire linee strategiche generali per garantire piena e reale
efficacia degli interventi, poiché la dispersione scolastica e la povertà
educativa sono due diverse dimensioni di deprivazione, non necessariamente coincidenti;
co-progettare in modo integrato nei casi
di coinvolgimento del terzo settore attraverso un piano strategico per le
aree a maggior tasso di povertà educativa, al fine di non correre il rischio,
molto evidente, di una eccessiva frammentazione degli interventi.
Sul punto dell’edilizia scolastica, alla luce delle criticità del patrimonio di edilizia scolastica del Paese (53 anni di età media degli edifici), spesso non sicuro, poco sostenibile e inadatto all’innovazione didattica, i 12,66 miliardi di investimenti previsti dal PNRR, pur cospicui, tuttavia appaiono non sufficienti soprattutto se sarà confermata la riduzione di 2,5 miliardi rispetto al PNRR del governo Conte, che al Piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica destinava 6,4 miliardi a fronte dei 3,9 miliardi del Piano nella versione attuale. Manca inoltre un principio e una logica operativa che tengano insieme le tre dimensioni indissolubili del rinnovamento degli edifici scolastici la sicurezza, la sostenibilità e il ruolo chiave degli spazi fisici della scuola – non solo le aule – per favorire l’innovazione didattica. Infine appare invece eccessivamente enfatico il ruolo che il Piano assegna alle palestre (300 milioni) per la costruzione delle competenze trasversali e la lotta alla dispersione.
RECOVERY. RETE EDUCAZIONI: “Bene approvazione della mozione per la costruzione di un Piano Strategico Nazionale sull’infanzia e l’adolescenza con ricadute su PNRR”
Approvazione della mozione passo in avanti per i diritti delle bambine e dei bambini di ragazze e ragazzi. Le proposte della mozione coerenti con quelle della rete educAzioni
La rete educAzioni esprime soddisfazione per l’approvazione da parte della Camera dei Deputati, dellamozione, a prima firma Paolo Lattanzio, che prevede la costruzione di un Piano Strategico Nazionale sull’infanzia e l’adolescenza, con un innesto concreto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le proposte della mozione, frutto del lavoro dell’Intergruppo Parlamentare ‘Infanzia e Adolescenza’, sono in forte sintonia e coerenza con quelle della rete educAzioni. In particolare il potenziamento del tempo pieno e delle azioni di contrasto della povertà educativa e del fallimento formativo, la riduzione del numero delle/gli alunne/i per classe e la copertura almeno del 33% del fabbisogno dei nidi in modo omogeneo nel Paese, con un’attenzione particolare per i territori e per i contesti più fragili dal punto di vista delle offerta di servizi per l’infanzia e l’adolescenza. Un passo in avanti per riportare i diritti delle bambine e dei bambini di ragazze e ragazzi al centro dell’investimento del Paese per uscire dalla crisi e costruire una normalità più giusta e con meno disuguaglianze.