Decreto Rilancio. Alcuni passi in avanti per i diritti di bambini, adolescenti e genitori ma ancora molta strada da fare

DOCUMENTO DI SINTESI

Il recente “Decreto Rilancio” (DCPM 34, 19 maggio 2020) ha l’obiettivo di sostenere la ripresa economica e sociale in Italia nei prossimi mesi, stanziando fondi pari a circa 55 miliardi. Si tratta di un testo molto articolato, che affronta molte tematiche e si pone obiettivi all’altezza della sfida portata dalla pandemia.

L’Alleanza per l’Infanzia valuta positivamente una serie di disposizioni presenti in tale Decreto riguardanti le famiglie, i bambini e ragazzi, ma, allo stesso tempo, rileva il perdurare di numerose e preoccupanti criticità, relative sia ai contenuti del Decreto, che alla mancanza di indicazioni e interventi che appaiono sempre più urgenti, a partire da un Piano per la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado. Se è comprensibile la difficoltà di organizzare un intervento strutturato e ampio nel campo delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza e per i genitori con figli in una situazione di drammatica emergenza come quella attuale, tuttavia i bisogni socio-educativi ed educativi dei bambini e degli adolescenti, così come delle loro famiglie, necessitano maggiore attenzione.
Di seguito si riportano i principali aspetti positivi del “Decreto Rilancio” ma anche i molti e preoccupanti elementi di criticità dello stesso.

Elementi positivi

A livello generale, l’Alleanza valuta positivamente il fatto che, a differenza di quelli che lo hanno preceduto in questi mesi di emergenza, il Decreto Rilancio si occupi esplicitamente anche dei diritti dei bambini, ragazzi e delle loro famiglie. In particolare, sono apprezzabili e condivisibili:

  1. la volontà di sostenere anche economicamente il sistema educativo per i bambini di età compresa tra 0 e 6 anni; in questo senso, è opportuna la scelta di ribadire come il sistema 0-6 faccia parte del più ampio settore educativo e di istruzione;
  2. l’impegno per la riapertura delle scuole tramite investimenti per acquisto materiali, adeguamento spazi, innovazione didattica, misure di prevenzione sanitaria;
  3. il maggiore sostegno rispetto ai mesi passati ai soggetti del terzo settore attivi nel campo degli interventi per la prima infanzia, che in questo periodo sono entrati in spesso profonde difficoltà finanziare; in tal senso, è importante la nuova stesura dell’art.48 (ex Decreto Legge n.18/2020 convertito in Legge 27/2020), che prevede come le pubbliche amministrazioni siano autorizzate al pagamento dei gestori privati rispetto l’importo dovuto per l’erogazione del servizio secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione; sempre in questa ottica, sono apprezzabili l’incremento dei fondi per i soggetti pubblici e privati che svolgono servizi socio-educativi per la prima infanzia, a copertura del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni da parte delle famiglie fruitrici di questi servizi prima della pandemia;
  4. l’impegno di sostenere, tramite risorse destinate ai Comuni, sia attività educative e ricreative durante l’estate per i bambini dai 3 ai 14 anni che iniziative di contrasto alla povertà educativa;
  5. l’attenzione alle situazioni di criticità del Mezzogiorno con lo stanziamento di 120 milioni per l’anno 2020, di cui 20 milioni per il contrasto alla povertà educativa;
  6. il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare alle medesime condizioni anche ai lavoratori con trattamento di integrazione salariale;
  7. le disposizioni relative al congedo parentale straordinario e al lavoro agile.

Al di fuori del Decreto, va valutata positivamente anche l’approvazione delle “Linee Guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini e adolescenti nella fase 2 dell’emergenza Covid-19”, nella misura in cui permette agli enti locali di poter organizzare tali attività entro un quadro certo di norme comuni, anche se non ne va sottovalutato il rischio, se non accompagnato da linee guida educative, che l’aspetto sanitario prevalga, fino a stravolgerlo, su quello educativo.

Persistenti criticità e rischi irrisolti

Continua a prevalere, anche in questo Decreto Rilancio, una visione disorganica e frammentaria degli interventi sui temi dell’infanzia e adolescenza. Inoltre i temi della conciliazione famiglia-lavoro in generale e specificamente nella attuale situazione segnata dalla epidemia sono affrontati in modo molto parziale. Vi è una scarsa attenzione per i diritti e bisogni educativi e di socializzazione di bambini/e e ragazzi/e in quanto tali. In questo senso, occorre una maggiore considerazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti in quanto persone, prestando attenzione alle loro specificità e necessità.

In particolare, per quanto riguarda i diritti e bisogni educativi dei bambini e ragazzi:

  • vi è una forte sottovalutazione dei bisogni dei più piccoli, in particolare dei bimbi/e in età 0-2. Per loro il Decreto rilancio e le linee guida non prevedono nessun intervento durante il periodo estivo, nonostante siano, insieme a quelli in età 3-5, quelli che meno hanno potuto essere sostenuti dai servizi educativi durante il periodo del lockdown e nonostante siano nell’età in cui è più cruciale investire per evitare il consolidamento di disuguaglianze nello sviluppo delle capacità. Sarebbe invece necessario incominciare a dare attuazione da subito all’intenzione di ampliare un’offerta educativa che anche in condizioni di normalità pre-epidemia era drammaticamente sotto-dimensionata (coprendo solo il 26% della fascia di età) e distribuita in modo molto disomogeneo a livello territoriale.
  • Manca un serio piano che metta al centro la questione delle riaperture e del riavvio della didattica in presenza per tutto il sistema educativo, sia 0-6 che scolastico. Il primo passo per la riapertura dei servizi educativi 0-6 e delle scuole dovrebbe essere costituito da una revisione delle piante organiche volta ad aumentare il rapporto fra docenti e numero di alunni (e di conseguenza il numero delle sezioni/classi). Occorre anche prevedere di stanziare le risorse necessarie per formare insegnanti, educatori operatori sui protocolli sanitari da seguire/applicare ma anche e soprattutto su come riorganizzare le attività rispettando tali protocolli.
  • Occorre una pianificazione dei tempi di riapertura delle scuole, che preveda quanto meno un calendario scolastico, soprattutto nella fase di inizio dell’anno scolastico, così come l’ampliamento del tempo scuola e quindi un’apertura ovunque nell’arco dell’intera giornata, anche per favorire flessibilità oraria e organizzativa indispensabili per rispettare il distanziamento interindividuale; occorrono disposizioni nazionali sulla didattica a distanza. Questa comunque non può essere la forma didattica principale per nessun ordine di scuola, e soprattutto nella scuola primaria e nel primo e ultimo anno di ogni ciclo.
  • Se è apprezzabile lo sforzo compiuto per iniziare a garantire risorse finalizzate alla sicurezza e protezione nelle istituzioni scolastiche statali e per lo svolgimento in condizioni di sicurezza dell’anno scolastico 2020/2021, con un importo di circa 40.000 euro per struttura scolastica, occorrerà valutare se lo stanziamento sarà sufficiente rispetto agli obiettivi, avendo, comunque, ben presente che il problema della sicurezza strutturale degli edifici scolastici rimane sempre drammaticamente sul tavolo.
  • Il dibattito sulla riapertura delle scuole e dei servizi educativi fino a oggi è stato comprensibilmente orientato a trovare standard di sicurezza e operativi che permettano la riapertura delle attività ludico-ricreative per l’estate e poi per la ripresa della scuola a settembre. È necessario e urgente aprire un dibattito anche sulla dimensione educativa per assicurare che l’aspetto – seppure fondamentale – del controllo si integri positivamente e in modo efficace con quello della socialità, della qualità dell’interazione, del sostegno allo sviluppo delle capacità. Per questo ci sembrano fondamentali tre aspetti: un’attenzione specifica all’educazione di bambini e famiglie alle nuove regole dello stare insieme, per una maggiore responsabilizzazione – nelle fasce dei più grandi – e partecipazione all’organizzazione delle nuove attività; una riflessione sulle modalità didattiche e pedagogiche più efficaci non solo nel contesto dell’emergenza, ma anche per il futuro; un investimento specifico in servizi di sostegno psicologico che aiutino i bambini e i ragazzi ad elaborare il vissuto di questo particolare periodo. Tale aspetto appare per ora completamente trascurato nell’approccio del Governo ed è invece fondamentale.
  • Si prevedono risorse per interventi volti alla digitalizzazione e a colmare il digital divide; tuttavia, occorre riconoscere maggiore importanza e attenzione alla necessità di formazione sull’uso delle tecnologie informatiche. Se si vuole fare della didattica on line uno strumento di supporto alla didattica tradizionale, non è sufficiente dotare le scuole e gli studenti degli strumenti necessari o dare in comodato d’uso strumenti informatici, ma bisogna progettare corsi di educazione al digitale per studenti e insegnanti. Per molti studenti non è solo questione di non avere gli strumenti ma soprattutto di non saperli usare (e di non poter essere supportati in questo dalle famiglie, a loro volta prive di educazione digitale).
  • L’Italia, purtroppo, si caratterizzava già prima della pandemia per un alto tasso di dispersione scolastica, per la diffusa presenza di NEET (giovani che non studiano e non lavorano), così come di molti studenti che acquisiscono basse competenze all’interno del circuito scolastico. La recente pandemia non ha potuto che peggiorare il quadro con un elevato numero di bambini e ragazzi che in questi mesi hanno avuto accesso a poca o nessuna offerta di didattica a distanza (il 20% circa le stime del MIUR, con alte concentrazioni soprattutto tra i bambini e ragazzi socialmente svantaggiati), soprattutto nelle famiglie con inadeguate risorse socio-culturali. Data la gravità della situazione appare inaccettabile che non sia stata ancora programmata alcuna attività di sostegno nei prossimi mesi prima della ripresa a settembre, lasciando che a rispondere sia solo l’associazionismo civile (dove lo riuscirà a fare su base volontaria). Anche le linee guida (sanitarie) relative all’apertura delle attività estive organizzate per bambini e ragazzi danno indicazioni solo per i centri estivi e solo limitatamente ai bambini e ragazzi dai tre anni in su. Nulla dicono in relazione alle attività di contrasto alla povertà educativa, che quindi sembrano rimandate implicitamente all’autunno, con rischi di aggravare ulteriormente la situazione; in questa ottica occorre, inoltre, che il finanziamento di centri estivi e le azioni di contrasto alla povertà siano inserito in una visione organica di intervento e, soprattutto, di integrazione con il sistema scolastico e con i servizi per la prima infanzia. Il rischio molto concreto è, da un lato, una drastica perdita di competenze e conoscenze da parte di molti studenti, dall’altro, un forte aumento dell’abbandono scolastico. È, quindi, fondamentale non abbandonare questi giovani a se stessi in un periodo di forte fragilità. Ciò richiede, innanzitutto, l’adozione di interventi che mirino alla loro identificazione (grazie all’aiuto che dirigenti e insegnanti possono offrire in tal senso) e poi un sostegno a loro rivolto durante l’estate, anche con piani personalizzati mantenendoli agganciati al sistema dell’istruzione, con risorse aggiuntive per il mondo della scuola e anche con la collaborazione dell’associazionismo civile. Una tale sperimentazione potrebbe costituire un’utile esperienza da sviluppare in modo sistematico alla ripresa dell’anno scolastico e, quindi, anche in tempi normali.
  • In questa ottica occorre pensare a opportunità di formazione e di impiego, anche rafforzando la Garanzia giovani, affinché non si aggravi ulteriormente la situazione degli adolescenti e giovani che hanno abbandonato la scuola, estromettendoli definitivamente dalla possibilità di partecipazione al mondo del lavoro e quindi, assicurare l’allocazione di risorse e la ripresa di tutte le iniziative volte a supportare la transizione al lavoro e alla vita adulta per i minorenni che raggiungono la maggiore età.
  • La fase emergenziale ha visto aumentare le disuguaglianze educative anche in riferimento agli alunni con disabilità e ai loro genitori, generando molto frequentemente una regressione nelle competenze già acquisite e un isolamento sociale. La didattica a distanza ha mostrato particolari inefficienze nell’uso della tecnologia, spesso escludente e inaccessibile, sovraccaricando ancora più il ruolo del genitore del bambino con diversi gradi di disabilità. Risulta, perciò, necessario coinvolgere le diverse associazioni e organizzazioni competenti nei tavoli di lavoro per la valutazione del decreto Rilancio e nella richiesta di un piano d’inclusione per la riapertura delle attività educative nel periodo estivo e da proseguire anche una volta iniziato il nuovo anno scolastico.
    Con riferimento in particolare ai servizi educativi e alla scuola, si chiede: la continuità educativa dell’insegnante di sostegno; prevedere formazione per docenti curricolari e di sostegno di ogni ordine e grado, e per i genitori, su DAD inclusiva; incentivare la modalità di lavoro in piccoli gruppi, anche in caso di DAD, e includere sempre la quota di alunni con disabilità anche in caso, non auspicabile, di rientro con quote 50% in presenza e 50% DAD; tenere in considerazione tutte le diverse disabilità nella programmazione, non solo le intellettivo-relazionali, ma anche motorie e con diversa vulnerabilità a malattie; prevedere adozione di piattaforme DAD e di ambienti-classe disegnati in maniera inclusiva e non discriminanti; ribadire il principio che il bambino con disabilità fa parte della classe e non è solo dell’insegnante di sostegno.
  • Occorre sostenere maggiormente sia le amministrazioni locali (a partire dai Comuni), che il mondo della scuola ed il Terzo settore e l’associazionismo civile, dato il loro contributo fondamentale per la tenuta della comunità educante, che è fatta di famiglie, docenti, operatori/trici, che costituiscono la rete fondamentale per l’educazione e la formazione dei bambini e degli adolescenti. Le risorse destinate alla rete dei servizi socio-educativi ed educativi rischiano di non essere sufficienti rispetto alla drammaticità di molte situazioni e ai bisogni. In questa ottica appare fondamentale fissare dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di infanzia e adolescenza e parametrare di conseguenza le politiche progettate.
  • Il sostegno necessario non è solo di tipo economico, ma anche in termini di modello di governance da adottare sia a livello nazionale che locale. Innanzitutto, riteniamo necessaria una regia istituzionale a livello nazionale che veda, da un lato, una maggiore integrazione fra Ministeri (a partire da quelli della Famiglia e della Scuola), dall’altro un maggior coinvolgimento nei tavoli di lavoro di rappresentanti delle parti sociali, del terzo settore e dell’associazionismo civico. È poi quanto mai urgente la necessità di favorire l’istituzione o il consolidamento di tavoli territoriali in grado di integrare Scuola, Terzo Settore e Sanità e che veda la partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, per garantire l’utilizzo delle risorse ordinarie e straordinarie secondo modalità organizzative già previste dalla normativa vigente in materia di istruzione, educazione e salute (convenzioni, accordi di programma, protocolli e altri strumenti di cooperazione e collaborazione per l’utilizzo di risorse e la loro ottimizzazione in chiave di benefici per la comunità e per gli operatori-professionisti coinvolti).
  • È importante che gli interventi ai due punti precedenti tengano conto delle diversità territoriali presenti nel nostro Paese in termini di offerta, anche al fine di ridurre le diseguaglianze sociali fra contesti diversi; bisogna prevedere forme di finanziamento e supporto che tentino di colmare queste diseguaglianze; è, infatti, evidente il rischio che le Regioni e gli Enti locali procedano in maniera molto differenziata, facendo aumentare le già forti diseguaglianze territoriali nell’accesso a tali servizi.

Per quanto riguarda il sostegno al reddito delle famiglie con figli:

  • sul piano della lotta alla povertà, con milioni di bambini a rischio non solo di povertà relativa ma anche assoluta, è essenziale prevedere, assieme a sostegni economici adeguati, anche forme di accompagnamento a livello locale delle famiglie in difficoltà.
  • Dentro questo quadro è quanto mai necessaria una strategia di sostegno economico alla genitorialità, con l’introduzione di uno strumento quale un assegno unico universale, destinato a tutti i bambini e adolescenti, e continuativo (dalla nascita fino alla maggiore età); l’attuale assegno al nucleo familiare mostra i suoi limiti, ancor più in una fase di emergenza come quella attuale, in quanto principalmente rivolto ai lavoratori dipendenti e spesso di importo limitato; da questo punto di vista l’Alleanza valuta positivamente l’impegno più volte espresso dalla Ministra per le pari opportunità e per la famiglia Elena Bonetti di introdurre un “assegno unico universale”; così come la proposta di legge in questo senso di cui è primo firmatario l’on Del Rio. Tuttavia, a questo interesse e impegno della Ministra e di uno dei due maggiori partiti della coalizione governativa, non ha corrisposto fino a ora un eguale impegno da parte del Governo nella sua collegialità e difatti non si trova traccia del tema nel Decreto Rilancio.

Per quanto riguarda, infine, il tema dei congedi e delle modalità di lavoro:

  • a fronte di una chiusura prolungata dei servizi educativi e scolastici, i provvedimenti previsti nel decreto Rilancio per sostenere le famiglie tramite congedi e lavoro agile sono una prima risposta, ma non sono in ogni caso sufficienti a sopperire alle necessità dei bambini e delle loro famiglie, rischiando spesso di scaricare sulle madri, prima ancora che sui padri, il carico di cura; inoltre, sono provvedimenti che non garantiscono sostegno alla totalità dei genitori.
  • Dato che rappresenta una opportunità apprezzata anche da molti lavoratori e lavoratrici, il lavoro agile necessita di essere regolamentato più adeguatamente rispetto ad ora, onde evitare che si trasformi in uno strumento che, invece di favorire la conciliazione, peggiori la qualità del lavoro; in questa ottica è importante che venga supportato, ma con possibilità di negoziare gli orari (inclusa la possibilità di fruire di part time) e con equilibrio tra i sessi e lungo la filiera gerarchica, auspicabilmente regolato attraverso percorsi partecipati dalle rappresentanze dei lavoratori. Nel rispetto delle tutele previste dalla legge e della contrattazione, la priorità dovrebbe essere data ai genitori con figli minori di 14 anni e prevedere un vero e proprio diritto a ricorrervi per tutti i genitori con figli minori disabili.
  • Si ribadisce la proposta di una flessibilità dei congedi parentali e cioè la possibilità di utilizzarli a ore o mezze giornate così da allungare il periodo di fruizione, così come appare auspicabile il prolungamento del congedo genitoriale straordinario, con la possibilità di fruirne part-time (analogamente al congedo ordinario), con una maggiore copertura contributiva e con un premio di giorni aggiuntivi se condiviso a turno da entrambi i genitori.
  • Occorre prevedere la facoltà di andare in part time lungo straordinario se espressamente richiesto da genitori con figli minori di 14 anni, assicurando il pieno diritto alla reversibilità su richiesta del lavoratore e della lavoratrice, sia per i padri sia per le madri (anche per favorire l’alternanza tra i due).
  • Continua a porsi un problema di accesso allo strumento del congedo da parte dei lavoratori e delle lavoratrici autonome; il congedo parentale speciale per i lavoratori con figli fino a 12 anni di età, previsto dal decreto Cura Italia e usufruito anche da un numero molto consistente di lavoratori autonomi, è stato esteso (e prolungato da 15 a 30 giorni) solo per i lavoratori dipendenti, lasciando fuori una buona parte del lavoro autonomo.
  • Infine, il Decreto non presta praticamente attenzione al tema dei diritti delle donne e di parità di genere e all’impatto negativo che hanno avuto e avranno le conseguenze economiche e sociali del lock down prima, delle modalità della ripresa poi. Accanto ai rischi aggiuntivi che hanno corso le donne oggetto di violenza da un partner o familiare convivente durante il lock down, le donne, e in particolare le madri di figli minorenni, sono e continuano a rischiare di essere penalizzate sia sotto il profilo dell’occupazione che di quello della conciliazione tra lavoro e cura/educazione dei figli. Sono state e sono loro in grande maggioranza ad aver utilizzato il congedo parentale straordinario, perdendo il 50% dello stipendio e i connessi contributi a fini pensionistici. Sono per lo più loro, stante il modello prevalente di divisione del lavoro entro la famiglia, a trovarsi in difficoltà a tornare al lavoro nella persistente chiusura delle scuole e dei servizi educativi. Stante, inoltre, la loro maggiore presenza come lavoratrici nelle piccole imprese, nel terziario dei servizi, nel turismo, le donne sono anche più esposte degli uomini al rischio di perdita del lavoro, in un Paese che già vede un tasso di occupazione femminile comparativamente basso.

One Comment

  1. Intanto grazie. È un lavoro ampio ed articolato.
    Noi genitori abbiamo bisogno di una class action che coaguli le forze migliori del paese a vantaggio dei nostri figli per la tutela dei loro diritti. C’è bisogno di potersi aggregare per poter far sentire la propria voce e chiedere la ripresa delle attività didattiche ed educative in presenza, con coraggio e responsabilità.

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