DOCUMENTO DI SINTESI SUI PATTI EDUCATIVI

La sovra-rete EducAzioni, di cui Alleanza per l’Infanzia è parte attiva, rende noto il proprio vademecum sui Patti Educativi, tema che sarà oggetto di un prossimo confronto pubblico in presenza a Roma il 6 ottobre.

Stipulare patti coinvolgendo soggetti diversi è necessario per attivare percorsi di rigenerazione sociale, culturale, ambientale e urbana. A seconda dell’ampiezza e della articolazione dei contesti, possono essere realizzati su base comunale, municipale, di quartiere o sovracomunale (consortile).

Lo strumento del “Patto Educativo di Comunità”, seppur ha ricevuto una diffusione principalmente quale risposta di emergenza alla Pandemia, può rappresentare un passo avanti significativo per lo sviluppo educativo dei territori.
I Patti Educativi di Comunità, per avere un impatto concreto devono superare il terreno dell’azione sperimentale e straordinaria per diventare strumento di policy ordinario per combattere la multifattorialità della povertà educativa, per migliorare le competenze professionali di docenti ed educatori/trici, per migliorare il sistema scolastico senza discriminare nessuna scuola, per contribuire a processi di sviluppo delle reti territoriali intorno alla “scuola aperta” e allo sviluppo locale sostenibile. Per essere, cioè, uno spazio dove si ripensa alla scuola iniziando dal migliorarne la capacità di accogliere le carriere scolastiche più fragili e segnate da maggior fatica e intermittenza e, al contempo, favorire la qualità culturale e relazionale del territorio determinando il “successo formativo” di territorio.
Tutto ciò a partire da una sistematizzazione dei provvedimenti e delle procedure amministrative già sperimentate o adottate, in base alla normativa esistente.
Non dimentichiamo inoltre che il successo formativo e la costruzione della autonomia personale vede nei primi anni di vita un momento cruciale e fondamentale. I diritti delle bambine e dei bambini diventano oggi il primo tassello irrinunciabile nel percorso di prevenzione ai fenomeni di disagio, subalternità, deprivazione. Per questo quando parliamo di patti educativi pensiamo anche al coinvolgimento di quei servizi educativi che, a partire dai nidi e dalle scuole dell’infanzia ma anche attraverso i servizi integrativi, quali ad esempio le ludoteche e i centri bambini e genitori, concorrono al successo formativo delle persone e della comunità. Vogliamo tenere conto di una comunità educante che assume anche il percorso dell’infanzia, e dello 0-6 anni in particolare, come elemento proprio e specifico di un processo di educazione e di crescita, in cui la genitorialità si fa atto sociale condiviso.
Tra gli obiettivi principali dei Patti rientrano il contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, attraverso un approccio partecipativo e la valorizzazione delle esperienze e delle risorse già presenti sul territorio.
Gli accordi prevedono vari tipi di collaborazione per rafforzare alleanze educative, civili e sociali e utilizzare beni comuni presenti in un determinato territorio in attuazione dei seguenti principi costituzionali: il principio di sussidiarietà orizzontale (articolo 118, comma 4), il principio di solidarietà (articolo 2) e quello di comunanza di interessi (articolo 43).

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A cura della Rete EducAzioni, con il contributo di:

Natalità, genitorialità e buone condizioni di crescita

Come affrontare le quattro sfide strategiche che l’Italia ha di fronte

IL DOCUMENTO DI ALLEANZA PER L’INFANZIA

Fra le sfide strategiche che l’Italia deve affrontare ve ne sono quattro strettamente collegate fra loro: la denatalità e, più in generale, le potenziali difficoltà legate a una soddisfacente genitorialità; l’occupazione femminile; l’occupazione giovanile; le diseguaglianze e il rischio di povertà tra le famiglie con più figli e quindi tra i minorenni.

Tali sfide richiedono risposte integrate per poter essere efficaci ed evitare che si pongano come scelte alternative per le famiglie e per gli individui (lavoro o figli), con il rischio di un arretramento sociale lungo tutte e quattro le dimensioni.

In Italia esiste un divario, fra i più ampi nei paesi occidentali, tra numero di figli desiderato, che rimane attorno a due, e numero effettivamente realizzato, ora sceso a 1,25. La denatalità in Italia non è, quindi, esclusivamente il frutto di cambiamenti nelle preferenze delle persone. Vi è un problema rilevante di aspirazioni non realizzate.

La partecipazione femminile al mercato del lavoro è effettivamente aumentata e sta ancora aumentando. Tuttavia, vi è un gap, anche in questo caso fra i più ampi nei paesi occidentali, fra aspirazioni alla partecipazione ed effettiva occupazione. Siamo uno dei Paesi con più bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro – 52,3% a livello nazionale, contro una media europea del 67,7% e con una differenza di 17 punti rispetto agli uomini – oltre che con grandi differenze a livello territoriale: 35,5% nel Mezzogiorno, 61,8% nel Nord, 57% al Centro.

La nascita di figli in Italia finisce per trasformarsi in una ‘penalità’ rispetto a tale partecipazione più severa che in altri Paesi, in quanto è difficile conciliare maternità e lavoro in assenza di politiche pubbliche e aziendali adeguate.

La precarietà che caratterizza la presenza dei giovani di entrambi i sessi nel mercato del lavoro, con i suoi effetti non solo sul reddito corrente, ma sulle prospettive di medio-lungo periodo e sull’accesso a una abitazione, vincola fortemente le scelte di genitorialità, costringendo a dilazionare la scelta di avere un figlio, quando non a rinunciarvi. Inoltre i divari fra aspirazioni e realizzazioni appena indicati colpiscono in maniera forte tutta la popolazione italiana, ma tendono a essere particolarmente acuti per alcuni profili di persone rispetto ad altre.

La fiducia necessaria per effettuare una scelta così impegnativa come il mettere al mondo un figlio, per altro, non riguarda solo i costi in cui si incorre, la valutazione delle possibilità di farvi fronte nel breve e medio periodo. Riguarda anche, da un lato, la fiducia nelle proprie capacità genitoriali, dall’altro la percezione del proprio valore come individui e cittadini agli occhi della collettività.

Le nuove generazioni hanno bisogno di avere di fronte a sé un quadro con alcuni punti che diano loro fiducia rispetto al futuro.

Per sostenere la formazione di fiducia nel futuro e in sé stessi, necessaria per effettuare libere scelte di fecondità, sono certamente indispensabili maggiori garanzie sul piano dell’occupazione, dei salari, dei servizi. Ma occorre anche comunicare nei fatti alle giovani generazioni il fatto che costituiscono un bene prezioso per la società, le loro scelte libere di fecondità troveranno accompagnamento e sostegno anche per quanto riguarda l’esercizio della genitorialità, che i loro figli troveranno un contesto anche extra-familiare in cui crescere bene e sviluppare le proprie capacità a prescindere dalle condizioni di nascita, famigliari, di cittadinanza, di etnia.

Qual è il ruolo delle politiche pubbliche in questo quadro?

Le politiche pubbliche sono anche più importanti che in passato se si vuole coniugare sostegno alla genitorialità, con occupazione femminile e contrasto alle diseguaglianze. Gli studi sul tema ci dicono che nessun Paese maturo avanzato ha visto ridursi i divari sopra-riportati senza mettere in campo misure solide e strumenti efficaci di sostegno alla natalità, all’autonomia (economica e abitativa) dei giovani e all’occupazione femminile. L’assenza di politiche non solo non migliora la situazione ma contribuisce a peggiorarla, soprattutto sotto il profilo della natalità.

I Paesi come, ad esempio, Svezia, Francia e, più recentemente, Germania, che hanno ottenuto risultati incoraggianti rispetto ai temi qui trattati, non si caratterizzano solo per aver impostato nel tempo singole politiche familiari più efficaci e generose di quelle italiane, ma anche per essere in grado di inviare un messaggio di fondo ai giovani: come Stato e come società nel suo complesso vi assicuriamo un sostegno quanto più adeguato possibile.

Quindi occorre una visione ampia e profonda di che cosa siano le politiche familiari, che includa anche quelle del lavoro e della casa. Comunque la ricerca e l’esperienza degli altri Paesi ci dicono che non esiste un singolo strumento in grado di risolvere le sfide qui delineate.

Per ottenere un effetto positivo delle politiche familiari su occupazione femminile e natalità è importante che vi sia un robusto mix integrato di interventi, fatto di trasferimenti monetari strutturali, interventi educativi – nidi e servizi di sostegno all’infanzia e alla genitorialità –, congedi parentali che coinvolgano sistematicamente anche i padri, servizi che facilitino l’organizzazione familiare pomeridiana, sistemi di tutela per le lavoratrici e politiche di welfare a favore di giovani e famiglie, accompagnati da azioni di sensibilizzazione volte a decostruire l’immagine della maternità come ostacolo nel mondo del lavoro e a promuovere modelli culturali basati sulla condivisione dei carichi di cura tra genitori e tra la famiglia e i servizi educativi.  Solo così si può ottenere un effetto più robusto sull’occupazione delle madri e la natalità.

grafico nascite Italia

La posizione di Alleanza per l’infanzia a margine degli Stati Generali sulla Natalità

COMUNICATO 12 maggio 2023

La natalità si favorisce con politiche integrate e coerenti, che consentano effettiva libertà di scelta alle giovani donne e uomini, non discriminino i bambini in base all’origine di nascita e contrastino la povertà minorile.

L’Italia, come ben noto, è uno dei Paesi con più persistente bassa fecondità al mondo. La struttura per età della popolazione, come conseguenza della denatalità passata, è sempre più sbilanciata a sfavore delle generazioni giovani-adulte. Si riduce il numero delle donne in età riproduttiva, cala la forza lavoro potenziale. Più, quindi, il tempo passa, più diventa difficile invertire la curva negativa, con effetti preoccupanti per la stessa sostenibilità e futuro del Paese. È importante, pertanto, che le politiche pubbliche se ne occupino.

Per poter sostenere in modo efficace la natalità è necessario, allora, chiarire quale ruolo debbano avere le politiche familiari, del lavoro, educative e della casa nel favorire meccanismi virtuosi che rafforzino le scelte positive di fecondità e consentano di realizzare il desiderio di avere un figlio, soprattutto un figlio in più.

Queste le coordinate che, a nostro avviso, dovrebbero orientare tali politiche:

  1. Nelle società sviluppate contemporanee avere figli non è sentito come un obbligo e non è dato per scontato averli anche quando li si desidera. È una scelta libera, che ha bisogno di condizioni adatte per poter essere realizzata positivamente.
  2. Avere figli non è una scelta indipendente dalle altre. Si inserisce in un processo di realizzazione personale e di benessere molto più articolato che in passato. Questo comporta prima di tutto che deve poter essere integrata positivamente con altre scelte. Autonomia dalla famiglia di origine e realizzazione di una propria sono strettamente dipendenti dalle politiche abitative e dalle opportunità di lavoro, adeguatamente remunerato e ragionevolmente sicuro, per i giovani. Una ragionevole sicurezza di un reddito adeguato nel medio-lungo periodo, così come l’accesso a una casa a condizioni economiche non penalizzanti (sotto forma di mutuo o di affitto), sono indispensabili per poter assumere una responsabilità irreversibile, quale è quella di mettere al mondo uno o più figli.
  3. La scelta di avere figli e quella di lavorare, non rinunciando alla propria realizzazione professionale, devono poter non solo essere compatibili per le donne, ma diventare leva positiva reciproca una dell’altra. Indispensabili sono, su questo versante, misure di conciliazione famiglia-lavoro tramite congedi ben remunerati e che incentivino la condivisione della cura tra madri e padri, un’offerta di servizi per l’infanzia accessibili e di buona qualità, tempo pieno scolastico generalizzato.
  4. Avere figli non è una scelta solitaria. Serve una comunità che ne riconosca il valore tramite politiche solide, integrate e non occasionali, che favoriscano l’autonomia dei giovani e delle giovani coppie con figli, accompagnino le famiglie lungo tutto il percorso della crescita dei figli, contrastino la marginalizzazione delle madri nel mercato del lavoro, la povertà minorile e la diffusione della povertà nelle famiglie con due o più figli minori, con attenzione continua a migliorare, anno dopo anno, strumenti e servizi.

Per sostenere le scelte positive di fecondità e contenere gli squilibri demografici, quindi, è necessario ridurre prima di tutto le diseguaglianze di genere e generazionali e predisporre un contesto favorevole alla buona crescita di tutti i bambini e bambine, indipendentemente dalle caratteristiche dei loro genitori.

Ciò comporta lavorare su più fronti:

  • Rafforzare la parità di genere e le misure di conciliazione famiglia lavoro per le madri e i padri, tramite congedi genitoriali meglio remunerati e congedi di paternità più lunghi, servizi per l’infanzia di qualità, diffusi omogeneamente su tutto il territorio nazionale e finanziariamente accessibili.
  • Politiche della casa che favoriscano l’autonomia abitativa dei giovani e la scelta di formare una famiglia e avere figli.
  • Politiche del lavoro che favoriscano la creazione di buona occupazione, contrastando la precarietà, sotto-occupazione e il lavoro povero.
  • Politiche dell’istruzione che sostengano le pari opportunità nello sviluppo delle capacità e competenze.
  • Forte contrasto alla povertà minorile e all’impoverimento delle famiglie numerose.
  • Allargamento e facilitazione dell’accesso alle risorse indispensabili alla crescita per tutte le bambine/i indipendentemente dalle caratteristiche e dalla nazionalità dei genitori o dal luogo di residenza.

Le parole sono importanti. Un mini-vocabolario per rileggere quelle del Governo

La rete EducAzioni organizza il prossimo 1° febbraio, dalle ore 15:00 alle 17:30, un evento online dal titolo “Le parole sono importanti. Un mini-vocabolario per rileggere quelle del Governo”.

In questa occasione, la rete rifletterà e si esprimerà sul vocabolario introdotto dal nuovo Governo, in particolare su alcune parole chiave che sono emerse come tratto distintivo, politico e valoriale, dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. “Merito”, “natalità”, “autonomia differenziata”, ma anche “povertà minorile”: sono tutti temi entrati nel vocabolario del Governo.
Le parole sono importanti, sia quelle che vengono dette col loro significato, sia quelle che non vengono dette, perché è tramite le parole che si offre una lettura della realtà e si costruiscono universi di senso.
Su quelle che sembrano toccare più direttamente l’interesse e il destino di bambine/i e adolescenti la rete EducAzioni propone una possibile rilettura, che ne faccia emergere i non sempre univoci significati, nello spirito di un confronto critico e costruttivo. Alle parole individuate finora – natalità, merito, autonomia differenziata, povertà minorile – è stata aggiunta una parola, o meglio un tema, mancante, ma che riteniamo debba ritornare nel vocabolario, se non del Governo, del Parlamento: l’accesso alla cittadinanza per i minorenni stranieri.
Nell’evento previsto per il 1° febbraio, alcuni rappresentanti della rete EducAzioni e interlocutori importanti si confronteranno e, a partire dalle parole, daranno vita a un dialogo necessario per riflettere e offrire il proprio contributo ai decisori politici e all’opinione pubblica.
Dialogheranno insieme ai rappresentanti della rete EducAzioni: Marco Rossi Doria, Presidente di Con i Bambini – impresa sociale; Manuela Naldini, Professoressa ordinaria del Dipartimento di culture, politica e società e sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università degli Studi di Torino; Gianfranco Viesti, Professore ordinario di economia applicata, Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari “Aldo Moro”; Linda Laura Sabbadini, Direttrice del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica all’Istat; Daniela Ionita, Rappresentante del movimento Italiani senza cittadinanza.

L’evento verrà trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook della rete.

CRITICITÀ ATTORNO AL SISTEMA EDUCATIVO 0-6: L’ITALIA RISCHIA DI PERDERE UN’ALTRA OCCASIONE PER SOSTENERE I DIRITTI DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE E PER AIUTARE LE FAMIGLIE CON FIGLI PICCOLI

COMUNICATO STAMPA – 11 gennaio 2023

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Alleanza per l’infanzia ed EducAzioni temono che non venga data piena attuazione al PNRR in merito alla creazione di posti nido e che quindi in Italia non si raggiunga nemmeno l’obiettivo del 33% di partecipazione dei bambini/e tra 0 e 3 anni ai servizi educativi nei tre livelli: nazionale, regionale e sub-regionale.

Infatti, mentre la nuova Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea fissa l’obiettivo del 45% di copertura entro il 2030 per i bambini/e sotto i tre anni, l’Italia nei prossimi anni rischia di non realizzare – né a livello nazionale, né soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno – neppure quello del 33%, che era stato fissato per il 2010.

Occorre intervenire urgentemente per sostenere gli enti locali che sono in forte difficoltà nel reclutamento di figure professionali necessarie, migliorando le procedure per individuare e attrarre persone in possesso delle caratteristiche ricercate e in numero adeguato al fine di evitare ulteriori ritardi e scongiurare l’adozione di risposte emergenziali con gravi rischi per la qualità dei servizi.

I nidi non sono solo un importante strumento di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori di bambini/e piccoli, sono anche e soprattutto strumenti per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun/a bambino/a, nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva. Per questo devono essere diffusi capillarmente e resi accessibili, anche economicamente, a tutti i bambini/e a prescindere dallo status occupazionale dei genitori. Devono anche essere qualificati chiaramente come servizi educativi, con personale adeguato e professionalmente preparato. Infatti, elemento fondamentale per garantire la qualità dell’esperienza educativa dei bambini, oltre a spazi e arredi strutturalmente adeguati, progettati e allestiti con cura e attenzione, è proprio la presenza di educatori/educatrici e docenti adeguatamente qualificati.

In questa prospettiva, accanto al rischio di mancata piena attuazione del PNRR dal punto di vista della predisposizione di posti nido in numero sufficiente, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree interne, Alleanza per l’infanzia ed EducAzioni segnalano la necessità di prevedere la formazione di un numero adeguato di personale con la qualifica richiesta, che dal 2017 è la laurea universitaria triennale. Occorre con urgenza formare nuove generazioni di educatori e docenti, perché nei prossimi 10 anni i pensionamenti dimezzeranno i docenti delle Scuole dell’Infanzia e gli educatori nei nuovi nidi, costruiti con i fondi PNRR, sono insufficienti. Si stima che per avere un personale in numero sufficiente per far funzionare i nuovi posti previsti dal PNRR occorrano almeno altri 32.000 educatrici/educatori, oltre a quelli/e attualmente presenti.

È urgente una programmazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché vengano formati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori. Contestualmente sarebbe opportuno prevedere una formazione per gli educatori/educatrici dei nidi e i docenti della scuola dell’infanzia che rafforzi la costruzione di un percorso in continuità verticale dell’apprendimento del bambino/alunno nel segmento 0-6 anni.

Per incoraggiare i giovani a intraprendere questo percorso formativo e la professione di educatori/educatrici della prima infanzia e per garantire la qualità educativa di questi servizi, occorre da un lato riconoscere maggiormente questa professione, nella sua piena specificità e dignità educativa, in continuità con la scuola dell’infanzia, con la scuola primaria e secondaria, dall’altro intervenire radicalmente sulla giungla contrattuale e le disparità sia di trattamento economico, sia di riconoscimento professionale, che caratterizza i rapporti di lavoro, a seconda che si tratti di nidi a gestione pubblica, privata o di terzo settore.

Occorre, inoltre, monitorare la qualità di tutti i servizi educativi 0-6, anche attraverso strumenti nazionali, come già avviene nel resto del sistema scolastico e in molti altri paesi europei.

Non va, infine, trascurata la raccomandazione delle principali agenzie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, UNICEF, Banca Mondiale) di offrire a tutti i neo-genitori opportunità di rafforzamento delle loro capacità genitoriali anche tramite “servizi integrativi” previsti dalla normativa vigente, quali, i Centri Bambini e Famiglie e servizi analoghi, che prevedano il coinvolgimento di genitori (madri e padri) e bambini insieme, per accompagnarli nella scoperta di pratiche utili alla relazione e allo sviluppo del bambino, quali, ad esempio, la lettura condivisa, il gioco e l’esperienza musicale.

Per tutte queste considerazioni, le associazioni della rete Alleanza per l’infanzia e di EducAzioni auspicano che la Raccomandazione europea sia recepita con lungimiranza dal Governo nazionale e dalle Amministrazioni regionali e locali. L’Italia può raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti, se saranno messe a disposizione adeguate risorse finanziarie e si procederà a una attenta e articolata progettazione di una maggiore offerta di servizi educativi inclusivi e di alta qualità.

Infine EducAzioni chiede un incontro urgente con il Ministro dell’Istruzione e del Merito per affrontare le questioni legate alla attuazione del PNRR e del Piano di Azione Nazionale Garanzia Infanzia e alla formazione e reclutamento di educatori e insegnanti dei servizi per l’infanzia.


EducAzioni è un network di 10 reti e alleanze del civismo attivo, del terzo settore e del sindacato che si pongono l’obiettivo del contrasto alla povertà educativa e della promozione dei diritti delle bambine, dei bambini e degli e delle adolescenti in Italia.
www.educazioni.org