Apriamo servizi educativi e centri estivi. Solo così saremo pronti per settembre

Intervista al pediatra Giorgio Tamburlini

di Chiara Pelizzoni
Leggi tutto l’articolo su FamigliaCristiana.it (19/05/2020)

Non ha dubbi Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la salute del bambino. Bisogna riaprire nel rispetto delle regole, abitando spazi nuovi e con nuove modalità di educazione e insegnamento «perché l’impatto di questi mesi senza scuola sui bambini si fa sentire»

Si ragiona sulla riapertura di centri e servizi educativi estivi e il dibattito si accende. Tra chi teme che questa scelta riattivi un meccanismo di contagio e chi si chiede, essendo costretto a tornare al lavoro, dove potrà lasciare i figli piccoli. Ne parliamo con Giorgio Tamburlini, pediatra e presidente del Centro per la salute del bambino. Attivo nell’ambito dell’Alleanza per l’Infanzia che raccoglie molte entità impegnate sui temi dell’infanzia e della famiglia e che ha in più occasioni richiamato la necessità di portare attenzione al tema dei minori (www.alleanzainfanzia.it).

Dottore vogliamo parlare di questi bambini dimenticati in primis dai decreti?

«Più che dimenticati, direi che sono stati ridotti a puri serbatoi di virus»

Partiamo da lì, allora. Quali sono i rischi reali di infezione per i bambini?

«Fermo restando che gli studi non danno ancora risposte definitive e che abbiamo ancora molto da imparare, sappiamo che i bambini hanno un rischio di infezione più basso di quello degli adulti, e un rischio di ammalarsi in modo grave infinitamente minore degli adulti. Si contano sulle dita delle mani i bambini sotto i 14 anni che si sono ammalati gravemente».

Possono essere contagiosi?

«Sì, certo, ma propagano meno l’infezione perché ne sono parzialmente immuni».

È stata segnalata nei più piccoli questa complicanza, la malattia di Kavasaki. Ci aiuta a capire?

«È una malattia che colpisce 2.3 bambini su 1000, quindi è molto rara.
È una reazione autoimmune che colpisce il sistema vascolare, di cui si è osservato un aumento di casi in corrispondenza con l’epidemia del Covid e per alcuni dei pazienti vi era evidenza di infezione da Covid. Si tratta certo di un forte indizio di rapporto causale, d’altronde che il Covid-19, così come altri microrganismi, possa scatenarla è plausibile. Resta comunque una malattia nota e che i pediatri italiani sanno riconoscere e trattare, prevenendo le complicanze più serie».

In conclusione?

«Diamoci delle regole, apriamo e osserviamo quali sono le modalità più praticabili. Usiamo gli spazi che prima non venivano usati, immaginiamo attività più di movimento e meno statiche e con un numero ridotto di bambini. Facciamo formazione agli insegnanti sulla prevenzione (disinfezione, tamponi,…) e anche sulle possibili ricadute di questa esperienza sui bambini per trovarci più pronti a settembre. Informiamo le famiglie e gli stessi bambini. Solo così saremo pronti. Anche perché altrimenti ci ritroveremo a sperimentare a settembre, quando, quello dovrebbe essere il tempo delle risposte certe».